Europa

Meloni su Draghi sceglie la cautela. "Dibattito buono nella campagna per le Europee"

"Spero che quando ci incontreremo a giugno saremo di fronte a un Europa diversa, che si concentri su sfide come le catene di approvvigionamento, i migranti e la sostenibilità ambientale"

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«Spero che quando ci incontreremo a giugno saremo di fronte a un Europa diversa, che si concentri su sfide come le catene di approvvigionamento, i migranti e la sostenibilità ambientale riuscendo a lasciare da parte l'approccio ideologico». Giorgia Meloni si congeda così dall'ultimo Consiglio europeo della legislatura, gettando uno sguardo alla Commissione e al Consiglio che verranno dopo il voto dell'8 e 9 giugno. E, soprattutto, camminando sul filo di una voluta ambiguità quando le chiedono un parere su un'eventuale candidatura di Mario Draghi al vertice di Palazzo Berlaymont. Una scelta ponderata al punto che le parole della premier possono essere oggetto di una duplice lettura a seconda degli occhiali che si indossano. Probabilmente, proprio l'effetto che Meloni voleva ottenere. «Sono contenta che si parli di un italiano, ma questo dibattito è filosofia», spiega infatti ai giornalisti al termine del Consiglio europeo. Insomma, Draghi «è una persona autorevole, ma dico una cosa banale». E, aggiunge, «questo dibattito è buono per i titoli dei giornali e per fare campagna elettorale», ma «non è così che funziona» e «la tendenza a decidere prima che i cittadini votino non mi troverà mai d'accordo».

D'altra parte, come potrebbe Meloni esporsi su un tema tanto delicato e ancora soggetto a decine di variabili? A partire da quale sarà il peso effettivo di Ppe, S&D, Renew, Ecr e Id nel Parlamento che verrà, passando per il destino politico di Ursula von der Leyen che pur perdendo colpi pare decisa a giocarsi la partita fino alla fine. Senza considerare la freddezza con cui l'ipotesi Draghi è accolta dentro Fdi, per non parlare - anche se per ragioni molto diverse - di Lega e Forza Italia. O del fatto che se davvero l'ex Bce arrivasse ai vertici della Commissione il governo italiano perderebbe la possibilità di indicare un Commissario (poltrona a cui ambiva Fdi).

La partita, insomma, è lunga e complessa. E, come ha sempre ripetuto Meloni in privato, si può iniziare a giocare solo quando tutte le carte saranno sul tavolo. E quindi a urne chiuse. D'altra parte, persino Emmanuel Macron - il principale sponsor dell'ex Bce - ha sì elogiato il «formidabile» Draghi, per poi aggiungere che «è il giorno dopo le elezioni che si fanno le nomine». Prima, dunque, bisogna convincere gli elettori e farlo partendo dai progetti. E su questa strada Meloni sembra tendere una mano a mondi fino a ieri distanti dai Conservatori europei. Nei loro report per l'Unione europea, spiega la premier, sia Enrico Letta che Draghi - cioè «due persone considerate europeiste» - ci dicono che «l'Europa va cambiata» e «questo è un dibattito molto interessante», perché «a me interessa sapere se vogliamo cambiare quello che non ha funzionato».

Ma a Bruxelles si parla anche di politica interna, con Meloni che più volte insiste sul termine «fake news». Quelle, dice, usate contro il governo sull'informazione, la par condicio, il carcere sui giornalisti e il dibattito sulla 194. E che «rimbalzano all'estero» e «raccontano un'Italia» in cui «ci sarebbe non so quale deriva». La Rai, prosegue la premier, «non è TeleMeloni» e Fdi è stato «l'unico partito di opposizione ad essere cacciato dal Cda». Sulla par condicio, invece, «ho letto ricostruzioni surreali» perché «il regolamento è restato quello che c'era prima». Mentre sulla questione della vendita di Agi, aggiunge, «non ho dato alcun input», «non so se esista una trattativa» e «non mi interessa», ma bisognerebbe chiedersi se è «normale» che «una partecipata statale detenga un'agenzia di stampa».

Un'altra «fake news», aggiunge, è quella sulla legge 194. Perché l'emendamento presentato al decreto Pnrr sulla partecipazione nei consultori delle associazioni pro-vita «ricalca esattamente il testo della 194». E affonda: «Io penso che in realtà quelli che vogliono modificare la legge 194 stiano a sinistra». Infine, le imminenti celebrazioni del 25 aprile. «Celebrerò la ricorrenza con il massimo rispetto del mio ruolo», dice.

Ma «quello che ho e che avevo da dire sul fascismo l'ho detto cento volte e non ritengo di doverlo ulteriormente ripetere».

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