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Hoara Borselli

Roberto Parodi: "Ho avuto la fortuna di avere dei genitori che mi hanno dato quello che potevano, specialmente la possibilità di studiare in buone scuole ed è quello che spero di fare con i miei figli. Da lì ho capito che era fondamentale cercare di fare soldi. Ma non per avidità di denaro"

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"I soldi? Servono a risolvere i problemi. Li colloco nella dimensione giusta"

C’è un’Italia che cambia pelle senza cambiare schiena dritta. Roberto Parodi ne è un esempio perfetto. In questa puntata di Chi fa l’Italia, con Hoara Borselli, racconta la sua “prima vita” da ingegnere e banker internazionale, cresciuto nell’epoca dei Barbarians at the Gate, tra JP Morgan, grandi operazioni e bonus da film anni ’80. Un mondo brillante e rischioso, che dopo le crisi dei dot-com e dei subprime inizia però a perdere fascino e prospettiva. Poi lo “switch”: i libri scritti la domenica e i lunghi viaggi in moto diventano lavoro. Yves Confalonieri lo nota, Mediaset gli affida Born to Ride, poi arriva Diario della motocicletta su Rai2, la direzione di Riders e una seconda carriera costruita sulla passione, non sulla rendita. Fino alla terza vita professionale, esplosa con il Covid: la crisi della carta, l’ascesa dei social, una nuova forma di narrazione che genera community, contenuti e – sì – anche reddito. Al centro, un’idea chiarissima del denaro: i soldi servono a risolvere problemi, non a riempire garage di Porsche. Parodi racconta come abbia scelto di investire per i figli, nelle case, più che nei simboli di status. Mentalità da investitore, ma senza idolatria del conto corrente. E poi il capitolo che lo ha reso un bersaglio prediletto degli ecologisti militanti: il “naftone”, l’auto d’epoca usata come provocazione contro il Green Deal ideologico, le ZTL a colpi di telecamera, le piste ciclabili tracciate sulla vernice mentre il traffico esplode. Numeri alla mano, Parodi contesta un ambientalismo che pesa sull’1% delle emissioni globali e dimentica il buon senso: prima si misurano effetti reali su traffico e inquinamento, poi si decide. Ne esce un ritratto dell’Italia che fa, ma soprattutto che ragiona: un Paese fatto di persone che hanno cambiato lavoro, si sono rimesse in gioco, non hanno paura di dire che la modernità non coincide con il divieto permanente. Una conversazione che parla di soldi, libertà, città e responsabilità politica, con il tono schietto di chi ha vissuto tre vite e non ha più niente da recitare

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CHI FA L’ITALIA – Roberto Parodi: tre vite, un naftone e l’Italia che non si fa prendere in giro

Angelo Moratti racconta a Hoara Borselli la crisi del mercato e tutto ciò che è successo dopo il crollo delle Torri Gemelle. "Ho imparato la lezione più grande della mia vita. I banchieri che prima cercavano di diventare miei amici si distaziavano; gli amici di mio padre mi guardavano e dicevano "Un disastro", gli avvocati non volevano difendere la società. In quel momento devi avere la forza necessaria per prendere decisioni dure e sopravvivere".

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Angelo Moratti, la crisi di mercato e quella forza "necessaria per prendere decisioni dure e sopravvivere"

Tutto è cambiato. Angelo Moratti racconta a Hoara Borselli la nuova visione dell'imprenditore americano: "Mi chiedono di trovare un appartamento a Milano e sperano di poter fondare la prossima start up in Italia". Moratti sottolinea che non è solo una "questione di tasse" ma anche di "un ecosistema florido che permette all'imprenditore straniero di portare creatività e talento".

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Dalla Silicon Valley a Milano: Angelo Moratti racconta la nuova visione dell'imprenditore americano

Dal sogno americano a quello italiano. Angelo Moratti racconta a Hoara Borselli perché il trend si è invertito: "I figli dei miei amici italiani mi chiedono di aiutarli ad accedere alle nostre università. Non solo per il valore degli atenei italiani, ma anche per la qualità della vita in Italia".

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Angelo Moratti: "Università americane? Ora tutti cercano quelle italiane"

Angelo Moratti racconta a Hoara Borselli perché Milano è "La città più dinamica d'Europa con una qualità della vita straordinaria che non c'è a New York, San Francisco, Los Angeles o Miami". Una città interessante anche per i giovani: "Tutte le persone che una volta andavano a vivere a New York, Los Angeles o San Francisco, oggi vengono a vivere a Milano".

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Angelo Moratti: "Milano è la città più dinamica d'Europa"

Dalla raffineria portata in nave dal Texas all’intelligenza artificiale. Angelo Moratti racconta a Hoara Borselli la storia di una dinastia che ha costruito l’Italia industriale e continua a ispirare quella digitale. Un viaggio che attraversa tre generazioni d’impresa: il nonno che fondò la Saras, il padre che la rese simbolo dell’energia italiana, e lui, erede di un pensiero che ha trasformato il petrolio in visione. Oggi Moratti investe nell’innovazione, nelle startup, nell’intelligenza artificiale. Parla di coraggio, di errori e di rinascite, di ciò che serve per resistere quando il mondo cambia più in fretta delle aziende. Dalla Silicon Valley a Milano, racconta il ritorno di un’Italia attrattiva per chi vuole creare, dove il talento non fugge ma torna. Un dialogo sull’evoluzione del fare impresa: dal carburante materiale di ieri a quello immateriale di oggi — i dati, le idee, la cultura del rischio. Una lezione sulla continuità, la resilienza e la capacità, tutta italiana, di reinventarsi senza smettere di credere.

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CHI FA L’ITALIA – Angelo Moratti: dati, la nuova energia dell’Italia che innova | con Hoara Borselli

Con Hoara Borselli, Giorgio Damiani ripercorre la storia della sua famiglia: "Siamo alla terza generazione. Io e i miei fratelli abbiamo ereditato una grande sfida e fortunatamente c'è stata una bella escalation"

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Giorgio Damiani: "La vera sfida? Resistere"

Il gioiello come racconto d’Italia: radici, mestiere, visione. Con Hoara Borselli, Giorgio Damiani ripercorre un secolo di storia di famiglia nato nel 1924, quando il nonno, orafo-artigiano, scolpiva pezzi unici per le grandi casate del Nord. Negli anni Sessanta l’intuizione del padre: trasformare l’eccellenza di bottega in un marchio, prodotto a Valenza e distribuito nelle migliori gioiellerie. Da lì, la sfida della terza generazione: tenere insieme continuità e crescita, laboratorio e mercato globale.Si parla di cosa rende un brand italiano riconoscibile: la mano, prima di tutto. La manualità che resta centrale nonostante la tecnologia; l’idea di un gioiello “indossabile”, elegante, quotidiano. Innovazione sì, ma senza tradire la linea: lontani dall’ostentazione modaiola, vicini alla bellezza che dura. Dall’Occidente maturo all’Asia che chiede pezzi su misura, fino alla centralità della cliente che guida ricerca e design.C’è l’Italia che fa impresa nonostante la burocrazia, e c’è la responsabilità: filiere pulite, attenzione ai materiali, adesione a standard internazionali, sostenibilità come pratica e non slogan. Il gioiello, infine, come segno di vita: anniversari, nascite, passaggi che diventano memoria. Un dialogo che racconta perché il Made in Italy continua a valere, quando resta fedele al suo cuore: artigianato, stile, capacità di futuro.

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CHI FA L’ITALIA – Giorgio Damiani: cent’anni di maestria tra Valenza e il mondo | con Hoara Borselli
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