La polveriera di Gaza, nuova Danzica del Medioriente, è pronta ad esplodere. La Turchia di Recep Tayyp Erdogan vi ha attaccato la miccia. LIran si prepara a darle fuoco. Linnesco fatale potrebbe arrivare con le due navi piene di aiuti e scortate dai pasdaran volontari che la Mezzaluna rossa di Teheran annuncia di voler far salpare alla volta della Striscia. Liniziativa, ispirata dai vertici del regime di Teheran, rischia di portare alle estreme conseguenze la contrapposizione avviata dal primo ministro Erdogan. I portavoce israeliani rispondono ricordando che quello di Hamas è un «regime sotto tutela iraniana» e liquidano il tutto come «inaccettabile provocazione». Un punto di vista condiviso anche dal nostro ministro degli Esteri Franco Frattini secondo cui «Teheran vuole prendere il controllo di Gaza».
La politica di Ankara - grande madrina della spedizione su Gaza costata la vita a 9 militanti dellorganizzazione fondamentalista Ihh - incomincia dunque a rivelarsi in tutto il suo azzardo. Un azzardo forse sottovalutato da Hakan Fidan, il 42enne fedelissimo di Erdogan appena promosso alla guida del Mit (Milli Istihbarat Teskilati), il cuore dellintelligence turca. Le mosse di Fidan, artefice nellultimo anno della ripresa dei complessi rapporti con Teheran, era in verità diretta a controbilanciare linfluenza iraniana su Hamas. Rilanciando la politica di aiuti a Gaza e la protesta contro lembargo il capo dellintelligence, puntava - dintesa con Erdogan e il ministro degli Esteri Ahmed Davutoglu - a restituire alla Turchia lantico ruolo di potenza regionale e strappare Hamas dallabbraccio con Teheran. La difficile e rischiosa partita - giocata mentre due storici «controllori» di Hamas come gli egiziani e i sauditi appaiono deboli e spiazzati - puntava a regalare a Erdogan il ruolo dindiscusso Gran Vizir regionale. Ma il regime di Teheran, spregiudicato e spietato come nessun altro quando è in ballo il controllo del Medio Oriente, risponde alle mosse turche con uniniziativa che rischia di trascinare la regione sullorlo di una nuova guerra. Una guerra in cui lIran sarebbe - grazie agli alleati libanesi di Hezbollah - la vera potenza egemone. Una guerra in cui il governo di Erdogan dovrebbe invece far i conti con laperta avversione di molti generali ancora fedeli alla Nato e a una visione laica dello stato. Comunque vada Fidan è oggi luomo più controllato dal Mossad. I servizi segreti israeliani seguono le sue mosse da quando, un anno fa, ha assunto la carica di vicedirettore dellufficio del premier. Da allora Fidan è stato lindiscusso protagonista delle aperture allIran culminate nella mediazione condotta con il Brasile per evitare a Teheran nuove sanzioni e consentirgli di arricchire il suo uranio sul territorio turco.
Il grande salto di Fidan sulla poltrona dei servizi si concretizza ad aprile con la fine del mandato dellallora capo dellintelligence Emre Taren. La nomina di Fidan ha innanzitutto una valenza interna. Affidandogli la macchina di un intelligence nazionale che in Turchia concentra le funzioni di difesa interna ed esterna Erdogan strappa alla nomenclatura laica un assetto strategico per il controllo del paese e toglie ai generali meno fedeli un canale di collegamento diretto con Israele e con i servizi segreti della Nato. La fretta con cui Fidan ha reclutato i fondamentalisti dellIhh e ha avviato loperazione Gaza potrebbe però rivelarsi una cattiva consigliera. Spiazzata dallIran la Turchia rischia di ritrovarsi al centro di un conflitto politico e militare devastante senza aver avuto il tempo di mettere a segno la mossa principale della propria strategia, ovvero il controllo di Hamas. E anche sul fronte interno lo scontro con il Mossad - sempre vicinissimo ai guerriglieri curdi - rischia di rivelarsi devastante.
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