C ome ha ricordato la docente e saggista Eva Cantarella, «per una città, ricostruire il proprio passato serve anche, e soprattutto, a rappresentare il senso di sé». Come dire: non possiamo capire noi stessi senza conoscere la nostra storia. Si potrebbe così riassumere lambizione del volume I giorni di Milano, appena pubblicato da Laterza: un excursus attraverso le tappe fondamentali dellepopea meneghina per cogliere lo «spirito della città» così come si è manifestato attraverso i secoli. Il libro prende spunto da un ciclo di incontri organizzato dalla casa editrice la scorsa primavera a Milano, nella basilica di Santa Maria delle Grazie. La manifestazione, che ha registrato uno straordinario successo di pubblico, comprendeva una serie di dieci «lezioni», impartite da alcuni tra i maggiori storici italiani, e incentrate su un episodio cruciale della storia di Milano. Gli interventi sono oggi raccolti in questo volume, diviso in capitoli, ciascuno dedicato a una data importante per la valenza simbolica e per il contributo al processo di «costruzione» dellidentità milanese.
Il primo saggio, che porta la firma di Eva Cantarella, è dedicato ai «miti di fondazione», essenziali per «rafforzare il senso di appartenenza a una comunità politica». Leggenda narra che nel VI secolo a.C. il re celtico Ambigato mandò i nipoti, Segoveso e Belloveso, alla ricerca di nuove terre. Belloveso, seguendo lindicazione degli dei, valicò le Alpi, sconfisse gli Etruschi e fondò una città che chiamò Mediolanum. Il luogo, secondo unaltra leggenda, gli sarebbe stato indicato da una «scrofa semilanuta», un cinghiale con il dorso coperto di lana divenuto oggi il simbolo della città. Cosa emerge dunque dalle antiche leggende popolari? «Milano - spiega lautrice si è sviluppata da un incontro e commistione di culture: quella degli indigeni, dei celti venuti dOltralpe e, nei secoli successivi, quella romana». Ne deriva limmagine di una città culturalmente aperta ai contributi esterni, «pronta a recepirli e trasformarli in ricchezza». E qual è invece leredità religiosa e politico-culturale di Ambrogio, nominato vescovo a furor di popolo il 7 dicembre del 374? Lo spiega Franco Cardini, rimarcandone il ruolo di mediatore prima, e di accentratore del potere poi. Il vescovo di Treviri, infatti, non fu soltanto uno dei fondatori della cultura medievale dOccidente: fu il primo a decretare la vittoria del cristianesimo sulle credenze pagane, a teorizzare il principio di separazione dei poteri (rivendicando lindipendenza della Chiesa dalle leggi imperiali), a introdurre il culto dei martiri, ad «opporsi» alla pratica dei matrimoni combinati, suggerendo alle giovani donne la strada del convento. E che dire della sconfitta del Barbarossa a Legnano? Quale miglior esempio, suggerisce Alessandro Barbero, per evidenziare le spinte autonomiste della città, già allora troppo ricca e popolosa per rinunciare alla propria indipendenza?
Il viaggio procede nel XV secolo, quando la città racconta lesperto, Pietro Marani - era allavanguardia nellarte e nellarchitettura grazie alla presenza simultanea di Leonardo e del Bramante; fino alla Milano delletà spagnola (1535-1548), dilaniata dalla peste e dalle guerre, ma senza per questo - spiega Giuseppe Galasso - venir meno alla sua vitalità economica, culturale e di importante snodo strategico-militare. Determinante infine, per lo sviluppo della cultura e del dibattito intellettuale italiano, la nascita della rivista Il Caffè (1° giugno 1764, saggio di Marco Meriggi), che riunì attorno a un foglio i maggiori intellettuali dellIlluminismo lombardo, dai fratelli Verri a Cesare Beccaria.
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