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Dal 2001 il ministero dell’Economia tiene sotto controllo i conti degli enti territoriali. L’ultima relazione evidenzia il «primato» delle amministrazioni di centrosinistra Le Regioni rosse vincono la gara dei debiti L’Umbria davanti a tutti con 3,69

Antonio Signorini

da Roma

Regioni sempre più autonome e, di conseguenza, sempre più indebitate. Da circa cinque anni l’Italia sta sperimentando il progressivo passaggio dei poteri dalle amministrazioni centrali dello Stato agli enti territoriali. Un percorso sofferto, costellato da fallimenti e cambiamenti di strategie, ma queste incertezze non hanno impedito alle giunte regionali, provinciali e comunali di farsi contagiare da uno dei vizi più antichi dei governi italiani: il ricorso all’emissione di titoli e all’accensione di mutui per fare fronte alle spese crescenti.
È dal 2001 che il ministero dell’Economia controlla attentamente questo particolare aspetto della finanza locale e l’ultimo bilancio aggiornato è quello che il direttore generale del debito pubblico di via XX settembre Maria Cannata ha illustrato in una recente audizione parlamentare. Un monitoraggio che rivela che la corsa della spesa pubblica riguarda soprattutto Regioni, Province e Comuni. Il debito delle amministrazioni locali nel 2004 ha raggiunto quota 75,6 miliardi di euro; il 5,3 per cento di quello di tutta l’amministrazione dello Stato. Una quota poco impressionante che potrebbe non destare particolari allarmi, ma la tendenza al rialzo emerge chiaramente: nel 2000 le obbligazioni e le operazioni finanziarie delle autonomie locali valevano 39 miliardi, il 3 per cento del debito nazionale, poi il loro peso è progressivamente cresciuto e continuerà ad aumentare - ha avvertito Cannata - man mano che Regioni, Province e Comuni rafforzeranno la propria autonomia finanziaria.
A dir poco sorprendente, visto il retroterra politico e le dichiarazioni dei leader, la classifica delle Regioni per livello di indebitamento. La piccola Umbria, poco più di 800 mila abitanti, è in testa a tutti con 3,69 miliardi di euro. Più del doppio di Lazio e Lombardia che contano rispettivamente cinque e nove milioni di abitanti e debiti residui per 1,47 e 1,44 miliardi di euro. Sotto l’Umbria c’è la Campania del governatore Bassolino con 2,51 miliardi, poi il Veneto con 2,3 miliardi. In fondo, tra i virtuosi, spicca il Trentino Alto Adige con appena 33,2 milioni, il Molise (79,4 milioni) e la Calabria (159,2 milioni di euro).
Il caso Umbria, una delle roccaforti della sinistra, ha acceso un dibattito politico, rimasto fino ad oggi dentro i confini della regione. L’assessore regionale al bilancio Vincenzo Riommi ha accusato il ministero del Tesoro di aver diffuso dati «impropri e sbagliati». Il problema è che dentro il debito pubblico della Regione Umbria sono stati contati i 3 miliardi e 112 milioni di euro impiegati per la ricostruzione post terremoto che sono a totale carico dello Stato. E senza questa cifra il cuore verde d’Italia, «con i suoi 360 milioni 500 mila euro di debito proprio si classifica, in termini assoluti, fra le regioni italiane con livello più basso di indebitamento». Le argomentazioni di Riommi non hanno convinto le opposizioni in consiglio regionale. Fiammetta Modena di Forza italia ha sottolineato come «anche la regione Marche ha avuto i finanziamenti per il terremoto, ma non ha registrato un indebitamento come il nostro. Noi temiamo che ci sia stata una certa leggerezza nell’utilizzare strumenti finanziari rischiosi come gli swap, i cui costi ricadranno sulle spalle dei cittadini per anni».

Le polemiche non si scioglieranno con l’estate e anzi sono destinate a durare visto che proprio ieri l’agenzia di rating Standard & Poors, una delle bibbie del settore, ha rivisto il giudizio su 17 istituzioni pubbliche e tra esse c’è la Liguria di Burlando (che ha subito scaricato tutte le colpe sul governo), la già citata Campania di Bassolino e l’Umbria dell’assessore Riommi che si è unito a Burlando per dire che «paghiamo effetti perversi non creati da noi».

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