2010, allarme rosso per i debiti di Stato

Stiamo per entrare nel 2010, un anno che vedrà il recupero dell’economia, ma anche una tensione dei mercati del debito pubblico quale non si era mai vista. Il rischio Dubai, seguito dalla crisi greca, sono due segnali di una burrasca che potrà verificarsi per altri Stati indebitati che commettano un errore anche piccolo. Mario Draghi, governatore di Banca di Italia ha lanciato, nei giorni scorsi, degli avvertimenti che non hanno suscitato l’attenzione che meritavano. Le cifre sono realmente molto preoccupanti.
Negli Usa il deficit federale che, nel 2006, era circa lo 1,8% del Pil, nel 2010 supererà 10%. Gli interventi federali per salvataggi bancari e industriali mediante prestiti agevolati da restituire gradualmente non fanno parte del deficit ma accrescono il debito. Sommando al deficit che genera debito questo altro debito per salvataggi, il debito degli Usa è passato da poco più di 6mila miliardi di dollari nel 2006 agli attuali 11.500 miliardi. E il deficit del 2010 comporta l’emissione di titoli pubblici per 1.300 miliardi di dollari. Il debito federale così nel 2010 arriverà attorno al 100% del Pil, che dovrebbe essere sui 13mila miliardi.
Accanto a questa montagna di titoli Usa, sul mercato finanziario mondiale, ci saranno quelli del nuovo debito europeo. Anche la Gran Bretagna colpita dal dissesto del sistema bancario, che ne aveva pompato la crescita, ha visto capovolgersi in poco tempo la situazione del bilancio e del debito. Nel 2007 il debito pubblico inglese era al 43% del Pil e il deficit era modesto. Nel 2008 il deficit è balzato al 6% del Pil e questo è caduto di una analoga percentuale. Così il rapporto fra debito e Pil, in un anno, è aumentato al 55% del Pil. E, come negli Usa, il governo inglese ha fatto massicci interventi con prestiti agevolati, destinati soprattutto al salvataggio delle maggiori banche. Così mentre il deficit saliva allo 8,9% del Pil, il debito è balzato al 90%. Per il 2010 la previsione è agghiacciante: un deficit del 10% e un debito che raggiunge il 105% del Pil. Una percentuale pari a quella italiana nel 2008. Il Financial Times ha ripetutamente sostenuto che l’Italia con un fardello di debito di questa percentuale rischiava l’insolvenza, perché gli altri Paesi dell'euro non avrebbero voluto alleviare le sue eventuali difficoltà. Ora gli inglesi hanno, per il proprio debito, una preoccupazione ancora maggiore, perché la Gran Bretagna non è nell’area dell’euro. Questa rimane la più solida, in quanto in essa le famiglie hanno una elevata quota di risparmio. Inoltre il rapporto debito/Pil dei quattro grandi Stati dell’area euro, Germania, Francia, Italia e Spagna, pur essendo aumentato, rimane al 90% del loro Pil.
Comunque anche questi Stati hanno avuto una rapida crescita di deficit e debiti. La Germania che nel 2007 aveva un deficit dello 0,2% del Pil e nel 2008 è riuscita a ridurlo allo 0,1%, quest’anno ha un deficit del 3,3%. E nel 2010 prevede di averlo al 5,9 per cento. Il debito della Germania è salito di più di quel che queste cifre indichino perché anche essa ha fatto prestiti agevolati alle banche e (meno) ad altri settori per combattere la crisi. Il suo debito, che nel 2007 era il 65% del Pil, l’anno prossimo sarà attorno al 79%. La Francia che nel 2007 aveva un deficit del 2,7% del Pil, nel 2010 presenterà un deficit del 7,8. E il suo debito passerà dal 64% del Pil all’88 nel 2010. La Spagna, che nel 2007 aveva un deficit del 2,2% del Pil, ne avrà nel 2010 uno del 9,8%. E il suo debito, che era solo il 36% del Pil, salirà al 62%. L’Italia, che nel 2007 aveva un deficit dello 1,5%,nel 2010 sarà al 4,8. E il nostro debito, che era il 103,5% del Pil, arriverà al 116. Questo aumento percentuale è molto basso, in confronto a quello degli altri, ma abbiamo ancora il record del rapporto debito/Pil.
Nel 2010 dovremo emettere, in euro, un importo di titoli pubblici nuovi per un valore di 100 miliardi di dollari. E questa volta ci saranno nuovi titoli tedeschi in euro per un valore di 200 miliardi di dollari, altrettanti nuovi titoli francesi e inglesi e 130 spagnoli. I cinque grandi Stati europei emetteranno tra euro e sterline un migliaio di miliardi di dollari di nuovi titoli pubblici e gli Usa 1.300. Come farà il mercato ad assorbirli tutti? C’è il rischio che una parte resti senza compratori.

Chi rimarrà col cerino acceso? Negli Usa e in Gran Bretagna la banca centrale è pronta a acquistare i titoli che il mercato non assorbirà immediatamente. Non sappiamo come si comporterà la Bce, che non può acquistare titoli pubblici per il proprio portafoglio, ma potrebbe aiutare le banche a farlo. Comunque, occorrerà molta prudenza.

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