Il 30 giugno si fa festa per celebrare il potere

Dopo Scalfaro arriva Napolitano a Genova per il 30 giugno, due Presidenti della Repubblica. Essi sperano di vincere la battaglia referendaria, ma molti cominciano a vederli come reliquia novecentesca di una sottospecie di cultura costituzionale, che sacrifica la sua forza egemonica al potere di una risicata, contorta e dubbia maggioranza.
Il 30 giugno 1960 ricorda la violenta ripulsa della sinistra genovese di un congresso del Movimento sociale di Almirante, per un impossibile ritorno del fascismo, temuto per una forza minoritaria e legale come il vecchio Msi. Ma con l'assalto sgangherato ai poteri in corso nell'Unione, rischia questo 30 giugno di ritrovare nell'accordo Scalfaro-Napolitano una controfigura a senso rovesciata, ma altrettanto destituita di futuro. Oggi un nuovo fascio di poteri forti e corporazioni, va affannosamente, frettolosamente e ingordamente occupando i poteri statali e locali per mezzo di quella corrente dell'antifascismo che perseguì la politica come presa dei partiti sullo Stato e dello Stato sull'economia e la cultura. E non sfugge che l'antifascismo cerimoniale statalista visse sempre sotto il pressante richiamo di ribellismi anarcoidi e con la spinta radicale ed estremistica che vedeva solo la rivoluzione comunista e l'Urss o la Cina o Cuba come modelli di società alternative che superavano la mera collaborazione costituzionale dei partiti antifascisti.
Oggi questo estremismo si veste dei colori di Sodoma, di bioetica creativa, di rifiuto del mercato e dell'imperialismo americano per una pace dei consumi che giunga fino alle droghe e all'eros perverso e polimorfo. Il disegno costituzionale è solo uno strumento transitorio in queste due componenti, quella di potere e quella rivoluzionaria, sempre in tandem per ragione di voti. Nel cattolicesimo di Scalfaro l'Azione cattolica fu la ricerca del potere dei laici cattolici, anche col diavolo comunista in mancanza di altri, in servizio Vaticano. L'altra corrente liberale, cristiana e di senso civico comune non fazioso, era del tutto non fascista (non divenuta antifascista dopo il 25 luglio del 1943) coniugava il Risorgimento nazionale con il liberalismo occidentale: Essa non trovò (come oggi è possibile) forma popolare nonostante i tentativi di don Sturzo di organizzare l'apporto della ricca rete sociale cattolica e acuti teorici liberali da Croce a Gobetti che cercarono di individuare una cultura egemone e una vocazione liberale dei ceti operai. Queste culture non si capirono e non si accordarono, anche per la non piena maturità liberale dei socialisti che il massimalismo inchiodava ai pregiudizi massonici, anticristici e anticapitalistici.
Nel Pci e nella Dc Scalfaro e Napolitano sono pompose figure dell'alleanza del clericalismo concordatario e anticomunista con l'apparato socialdemocratico prevalente del Pci. Festa del potere questo 30 giugno genovese, che esaurisce l'egemonia nel barocco burocratico. Mancherà qui a Genova il colore utopistico della nuova società cristiana di Dossetti che Prodi ha tradotto in puro potere servile-manageriale attecchito nelle fasce dell'industria di Stato. E della borghesia protetta, illudendosi di ingabbiare nella spartizione di poteri burocratici e prebende la sinistra radicale da lui chiamata folkloristica. Concorre al blocco illiberale dei talenti e del rischio nel mercato aperto una parte del ceto ecclesiastico addetto ai servizi culturali-assistenziali, mediati dagli ex-democristiani della Margherita... Ma mentre l'antifascismo liberale trova difficoltà, l'antifascismo buriocratico, statalista e corporativo trova nelle cerimonie e nei sussulti di memoria il suo residuale rifugio. La fame di potere non basato sul lavoro produttivo di beni e idee, non si ferma neppure di fronte alla corruzione dei valori familiari, federali, sussidiari, del lavoro e della libera impresa che i cattolici avevano introdotto nella Costituzione. Per Prodi il pauperismo evangelico di La Pira e il liberalismo cattolico di don Sturzo si nell'ottundimento spirituale che nasce dalle carriere accademiche e manageriali protette dal clero, all'ombra dell'utopismo di don Dossetti tradotto in potere di questo mondo. Prodi con Napolitano e Scalfaro rappresentano lo sfinimento degli ideali nel potere immediato, «mediocre e sciancato» come ha scritto l' illuso-deluso fondatore di Repubblica. Assai utile per capire la svolta burocratica della sinistra la lettura dei documenti di Antonio Tatò pubblicati da Einaudi, «Caro Berlinguer». Per Scalfaro è sufficiente ricordare ciò che mi confessò Carlo Carretto, che fuggì nel deserto al seguito di Charles de Foucauld: «fuggo da un'azione cattolica e una chiesa italiana che diventeranno la brutta copia del mondo». I risicati poteri formali che queste figure incarnano rappresenta l'estrema decadenza dei valori costituzionali per cui sacrificarono la loro vita i veri combattenti per la libertà.


La rivoluzione liberale, solidale e popolare al contrario, in modo complesso e col transeunte paradosso di Arcore, rappresenta la vera novità politica e costituzionale dopo il fallimento del compromesso storico che voleva compiere il risorgimento introducendo l'apporto dei cattolici e del movimento operaio. Anche di quei valori una cultura liberale, cristiana e occidentale deve farsi erede.

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