In 300 prendono in ostaggio Fiumicino

Fiumicino (Roma)Doveva essere la giornata della sfida a Cai e governo da parte del «fronte del no» di Alitalia. L’occasione per l’assemblea dei dipendenti irriducibili di sottolineare «l’inadempienza della cordata italiana all’accordo sottoscritto a settembre», come ripete a megafoni e microfoni il presidente dell’Anpac, Fabio Berti. Ma la rabbia e la preoccupazione di quanti rischiano di perdere il posto si risolvono nel caos, un muro contro muro con divisioni interne che nessuno, a inizio mattinata, sembrava augurarsi. Tutto finisce con uno sciopero-lampo di 24 ore che divide il fronte della protesta e innesca l’immediata richiesta di precettazione da parte di Antonio Martone, garante sugli scioperi. Richiesta che il governo accoglie subito. E il ministro dei Trasporti Altero Matteoli avverte gli scioperanti: «In caso di inosservanza, a parte le conseguenze sul piano penale, troveranno applicazione le sanzioni previste dalla legge». E alle 9 di sera agenti della polizia giudiziaria di Fiumicino avviano la procedura per identificare gli aderenti al «comitato di sciopero e di lotta».
Il lunedì era cominciato con l’annunciata assemblea dei lavoratori della compagnia di bandiera. Circa trecento persone, in gran parte assistenti di volo, molti in divisa, affollano la strada che porta all’area tecnica. Si alza l’urlo «blocco-blocco», e poi l’assemblea mette ai voti e approva una mozione per bloccare immediatamente l’accesso al varco equipaggi. Ma le cinque sigle dei piloti la mozione nemmeno l’hanno letta. E non approvano. Anzi, chiedono agli altri dipendenti, in gran parte hostess e steward, di recedere dall’iniziativa «non concordata», proponendo invece di ottenere lo stesso risultato «rispettando meticolosamente» le procedure, in modo da accumulare ritardi e mandare in tilt il sistema, «ma restando nella legalità».
Le diplomazie si mettono al lavoro. Le rivendicazioni sui punti «inaccettabili» dell’accordo sono le stesse nelle due ali del movimento, ma è proprio sulla modalità dell’agitazione che non si trova un punto di contatto. L’appello a «non esporsi al rischio di un intervento della polizia e alla precettazione», avanzato da Up e Anpav, cade così nel vuoto.
Piloti in servizio e personale di bordo restano fuori dagli aerei, e i risultati cominciano a vedersi: un centinaio di voli cancellati a Fiumicino e Linate, file chilometriche di passeggeri in attesa per ore nello scalo romano. Come Denis, torinese, che vede sparire dai monitor il suo volo per Il Cairo. «Ci andrò via Atene - spiega, alla sesta ora d’attesa - e con un’altra compagnia, ma non mi pare un’idea brillante questa dello sciopero senza preavviso». O Gian Marco, il cui viaggio a Palermo viene rimandato più volte e poi cancellato: «Sono nauseato, meglio non trovarmi divise Alitalia davanti, oggi».
Intanto la protesta continua a vivere la sua dicotomia. Molti, tra i piloti di Anpac, Anpav, Up, Avia e Sdl si rammaricano per l’effetto-boomerang dell’agitazione selvaggia. E quando il «comitato di sciopero e lotta Alitalia» propone l’astensione dal lavoro di 24 ore, si procede per alzata di mano. Berti e il segretario di Sdl, Paolo Maras, provano ancora a chiedere di votare no, spiegando che «spaccarsi ora è un errore». Le fazioni sembrano numericamente uguali.
Ma la conta sommaria la dà vinta ai sì.

E mentre nel terminal C la fila alle biglietterie arriva a centinaia di metri di lunghezza, con turisti stranieri allibiti che chiedono lumi sulla loro odissea e restano a bocca aperta di fronte alle spiegazioni, l’Enac annuncia «un’inchiesta sui comportamenti in atto da parte del personale Alitalia a Fiumicino». Poi tocca al garante degli scioperi chiedere a Matteoli e a Berlusconi di precettare i lavoratori, per «fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente» al diritto di circolazione.

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