I punti chiave
- Compagno di viaggio da sempre
- Io e Sandro, «sposati» con voi
- Quante occhiatacce in metrò
- Un filo di Arianna da seguire
- Gli editoriali (da collezione) di Feltri
- La prima copia portata a Parigi
- Una lotta per esporlo in bacheca
- Col «Giornale» sulla cattedra del prof
- Quel primo numero esaurito
- Il piacere semplice della carta
- Femore rotto, 104 anni, unica lettura
- La sfida ai «kompagni» di liceo
- Almeno diciassettemila volte grazie
- Una fedeltà che dura
- Nasconderlo? Mai, meglio esibirlo
- Utile per capire la storia italiana
- Quei diari da insegnare a scuola
- Voi, nati insieme a nostra figlia
- La lezione del nonno
- Aria pura per le persone perbene
- Un raggio di luce in tempi bui
- Leggervi ogni mattina: una necessità
- Un piacere passato di padre in figlia
Dal primo titolo del primo editoriale del primo numero, è stato chiaro che questo Giornale avrebbe avuto un unico giudice supremo: i lettori. A loro, o meglio a voi, che ci siete stati vicini per mezzo secolo, abbiamo chiesto di raccontarci aneddoti di questi impareggiabili 50 anni di amicizia con il Giornale.
Compagno di viaggio da sempre
Per chi come il sottoscritto ha superato gli -anta, Il Giornale è stato ed è compagno di viaggio da sempre e il primo pensiero è un sincero grazie. Dai primi anni di Montanelli ho sempre privilegiato il vostro/mio giornale per una certa linea controcorrente e obiettiva, cosa non scontata per un quotidiano e ancora più difficile da mantenere negli anni dove si sono, per forza di cose, avvicendate persone e situazioni. Inoltre, mi lega a voi anche la posta dei lettori dove mi piace intervenire spesso e volentieri facendomi sentire ancora di più parte del Giornale.
Luca Testera Pardi
Io e Sandro, «sposati» con voi
Il nostro matrimonio, avvenuto il 27 aprile 1974, è composto da tre elementi: mio marito, la sottoscritta e il Giornale. Da cinquant’anni fate parte della nostra unione. Buon proseguimento!
Mariarosa e Sandro Alberici
Quante occhiatacce in metrò
Ammetto che fino al 1978 leggevo solo il Corrierone. Poi, ad un certo punto, mi stufai ed iniziai ad acquistare il Giornale. Devo dire che in metrò e al bar quando mi mettevo a leggerlo c’era sempre qualche buontempone che, sottovoce, faceva commenti salaci. Fortunatamente nessuno mi ha mai importunato brutalmente, ma occhiatacce sì. Ma a me non è mai importato nulla.
Piero Casati
Un filo di Arianna da seguire
Cinquant’anni fa leggevo il Corriere, ma mi sentivo irrequieta e, incuriosita, avevo cominciato ad acquistare anche il Giornale. Le notizie assumevano connotazioni ben diverse, a seconda di chi le pubblicava. Da subito si notavano un rigore, una capacità di penetrare le nebbie romane della politica, una vivacità ed un atteggiamento di rispetto e al contempo di empatia verso il lettore, mai provato prima. All’inizio il Giornale era un po’ scarno, rispetto al Corrierone, ma valeva la pena aspettare che si rimpolpasse con tutte le rubriche che arricchiscono un quotidiano rendendolo un amico indispensabile. Leggere il Giornale ti faceva sentire meno solo, membro di una tribù pensante: appuntamento imperdibile per trovare nero su bianco pensieri che ti frullavano nella testa, non sempre facilmente condivisibili nella quotidianità. Sono persino stata sbertucciata, negli anni ’70/’80 perché leggevo il Giornale, ma non l’ho mai nascosto quando tornavo dall’edicola, dove spesso era quasi celato e toccava chiederlo esplicitamente. Per anni ha rappresentato per me una sorta di filo di Arianna, è stato un appuntamento fedele, come un ballerino che danza con te, porgendoti un braccio garbato. I tempi cambiano, le penne si susseguono, aumentano le preziose collaborazioni femminili, il linguaggio generale concede toni brillanti alla vostra colta squadra di informatori di classe. Felice compleanno, caro Giornale! P.S. Primi anni ’80. Una mia collega una sera d’estate mi propone di andare a cena al Festival dell’Unità. Dalla mia borsa sbuca, senza malizia, il Giornale. Uno dei suoi amici, sprezzante esclama: «Ah! Io mi ci spazzolo il culo con Montanelli!». Silenzio imbarazzato degli astanti. E io rispondo: «Sai che divertimento, visto che è pelato!».
Serenella Allegrini
Gli editoriali (da collezione) di Feltri
I was so thrilled with Vittorio Feltri’s editorials that I started this album. I have always appreciated his words, thoughts, opinions and he has always made me feel better. My compliments to Il Giornale!
Theresa Ann Giulianelli
La prima copia portata a Parigi
Nel luglio del ’74 i miei genitori vennero a farmi visita a Parigi, dove mi trovavo per lavoro, e mia madre mi portò una delle primissime copie del Giornale, rendendomi edotto di quanto stesse succedendo non solo nelle strade delle nostre città, ma anche nei circoli intellettuali e dell’informazione. Che Montanelli il Grande abbandonasse il Corriere, diventato invivibile, mi sgomentò non poco, ma mi fu subito chiaro che l’unica cosa che potevo fare era di non mancare mai, per quanto possibile, di comperare il Giornale. Lo vendevano un paio di edicole sugli Champs-Elysées e io dal Faubourg Saint-Honoré dove lavoravo facevo (quasi) ogni giorno un paio di chilometri, allungando i tempi della pausa pranzo per acquistare l’amato quotidiano. E naturalmente al mio ritorno in Italia, negli anni ’80, non mancai mai un giorno di passare dall’edicola presso casa. E anche oggi mi forzo a una passeggiata di un paio di chilometri per acquistare l’amato foglio, anche se cammino meno velocemente di cinquant’anni fa. E mi ricordo di quando, in visita a Milano per le feste natalizie o per turismo, alcuni edicolanti non tenevano in evidenza il Giornale ma andavano a pescare dal sottobanco, gettandomene una copia in malo modo. E ancora ricordo lo sguardo sbigottito, quasi atterrito, di un giovanotto che mi vedeva, in tram, con il Giornale ben aperto in vista, chiaramente stupito della mia sfrontatezza. Oggi non sono più quei tempi, ma i miasmi dell’intolleranza non sono scomparsi e forse mai scompariranno.
Carlo Ortis
Una lotta per esporlo in bacheca
Da sempre amo autodefinirmi tra i «fondatori» del nostro Giornale, poiché aderente fin dalle sue origini. Noi lettori liberali non esitammo un attimo a spostarci dal Corrierone di Ottone, seguendo la truppa dei coraggiosi con a capo Indro Montanelli. Una squadra dalla mente libera, che per affermarsi necessitava altrettanti lettori ardimentosi, che ne condividessero l’ideologia contrapposta a quella ormai imperante di sinistra. All’ingresso del mio posto di lavoro in Via Manzoni a Milano, a quei tempi, era d’obbligo comprare l’Unità, pena l’emarginazione politica e sindacale. Erano rari quelli che esponevano il Giornale montanelliano, di fronte a quello di Lotta Continua nella bacheca sindacale all’ingresso, come facevo io tutti i giorni, a costo di vedere stracciato il nostro quotidiano, che caparbiamente sostituivo con fotocopie preventivamente messe da parte, fino a sfinimento. Erano anni in cui i nostri lettori venivano derisi o addirittura picchiati davanti alle edicole, io fui perfino seguito da brutti ceffi all’uscita del lavoro, per poi essere scortato dalla polizia fino a casa. Un matrimonio ardimentoso tra giornalisti e lettori, che ancora esiste da mezzo secolo.
Mario Piga
Col «Giornale» sulla cattedra del prof
Frequentavo l’università di Architettura a Venezia quando usciva il primo numero del Giornale. Incuriosito, acquisto il nuovo quotidiano e lo porto con me ad un incontro con un professore per la valutazione di alcuni progetti di studio. Durante l’incontro appoggio il Giornale sulla scrivania dove si discuteva degli elaborati di studio. Il professore getta uno sguardo sulla prima pagina del quotidiano e paonazzo in volto mi squadra e mi investe verbalmente con la seguente frase: «Ma lei pensa di laurearsi in questa università acquistando e leggendo simili schifezze?». Ricordo che in quegli anni la facoltà era territorio occupato completamente dalla sinistra. Da quel giorno non ho mai smesso di acquistare il «mio» Giornale e dopo 50 anni la sua lettura è il mio primo impegno della giornata. A proposito mi sono laureato normalmente, anche con un bel 110, ma devo ammettere che il Giornale lo tenevo un po’ nascosto. Un abbraccio a tutta la redazione.
Sergio Vinante
Quel primo numero esaurito
Il 25 giugno 1974 ero a Bologna, in servizio di prima nomina come ufficiale di complemento. Quando, in tarda mattinata, mi è stato possibile uscire dalla caserma D’Azeglio, il Giornale era già andato esaurito. Sono dunque un vostro fedele lettore dal secondo numero.
Massimo Leone
Il piacere semplice della carta
Lettore del mitico Corriere, non appena Indro Montanelli fondò il Giornale non ebbi alcuna esitazione nel seguirlo! Ed è stata una scelta valida perché vi sono firme ed articoli di grande levatura, anche quando non si sia sempre d’accordo. Quando poi Indro ha deciso di lasciare la sua testata, è stato un momento difficile perché si trattava di decidere se lasciare l’uomo o il Giornale! Per qualche tempo quindi ho acquistato entrambi i quotidiani, ma poi è rimasta la fedeltà al Giornale che manteneva intatti i valori in cui crediamo. Ed ancora oggi il rito mattutino dell’acquisto e dell’apertura del quotidiano «di carta» con i suoi odori o profumi (anche se mutati nel tempo!) è un momento semplice ma importante. Grazie Giornale per tutto quello che ci hai dato, ci dai e ci darai!
Francesco Farina
Femore rotto, 104 anni, unica lettura
Per il 50° compleanno del Giornale vi invio il ricordo di aprile 2019 del mio papà, Lino Marinello, che nemmeno a 104 anni suonati, nonostante la seconda frattura al femore e dopo l’operazione, rinunciò alla lettura del quotidiano che aveva sempre acquistato in edicola dal 1974.
Vittorio Marinello
La sfida ai «kompagni» di liceo
Caro Giornale, quando ho cominciato a leggerti avevo appena iniziato il liceo, Silvio era appena sceso in campo e il caro Indro ti aveva lasciato. Ricordo un corteo dei centri sociali in un sabato pomeriggio in piazza Fontana ed io, ignaro della manifestazione, che ti tengo sottobraccio e cerco di non farmi vedere, camminando spedito per mettermi sotto la Madonnina. Tu, compagno di viaggi in metropolitana e sui treni, con l’inchiostro sulle dita e l’odore di petrolio. Sempre con te, quando sfondavo il picchetto al Liceo Carducci, io solo con te sottobraccio, ostentato sfrontatamente e, salito al primo piano, mi affacciavo dal finestrone centrale e ti aprivo per leggerti e mostrarti alle urla selvagge dei «kompagni» dell’assemblea nel cortile. Non posso scordare i racconti di Chiocci dal G8 di Genova e quelli di Biloslavo e Micalessin dall’Irak. E poi le pagine della cultura, avidamente assaporate per conoscere autori alternativi e letture originali. Grazie per i tuoi 50 anni e avanti tutta!
Luca Rosania
Almeno diciassettemila volte grazie
Vorrei ricordare i 50 anni del Giornale con i numeri. Ipotizzando 360 numeri all’anno, siete stati in edicola almeno 18.000 volte. Io, nel mio piccolo, ne ho sicuramente letti almeno 17.000! Qui davanti a me, mentre scrivo, ho un plico di copie composte da: il numero 1 del 25 giugno 1974 e le copie dei decennali 1984, 1994, 2004 e 2014. Aspetto solo di avere fra le mani quello storico del prossimo decennale. Alla mia età penso sarà l’ultimo che conserverò: avrò 87 anni la prossima estate. Posso dire di avere avuto un compagno di viaggio impagabile che mi ha dato tanto. Non posso fare graduatorie di merito fra i tanti che hanno fatto grande il «nostro» Giornale. Posso solo dirvi grazie.
Renato Solazzi
Una fedeltà che dura
La mia fedeltà dura da tutti i 50 anni. Dal tempo di Montanelli, non ho mai smesso di leggervi.
Paola Dondi
Nasconderlo? Mai, meglio esibirlo
Dal primo numero, sapendo che il fondatore/direttore era Montanelli da quel dì non ne ho saltato uno. Erano tempi in cui alcuni lo acquistavano e lo nascondevano; altri, come me, lo esibivano coraggiosamente e nel mio caso anche provocatoriamente, rispondendo a volte alle critiche rivoltemi dai «sinceri democratici». Avanti così.
Ettore Viglione
Utile per capire la storia italiana
Ricordo di aver comprato il primo numero del Giornale nel periodo del liceo e aver continuato ad acquistarlo e a leggere con interesse. Le firme erano importanti, il quotidiano molto utile per comprendere meglio gli avvenimenti di quel periodo della storia italiana.
Roberto Accardi
Quei diari da insegnare a scuola
Ricordo ancora le raccolte del Diario d’Italia e della Seconda Guerra Mondiale, entrambe a firma di un «certo» Vittorio Feltri, pubblicate negli anni 1994 e 1996. Una delle mie figlie è insegnante nelle scuole medie ed ha trovato preziosi riferimenti.
Claudio G. Muollo
Voi, nati insieme a nostra figlia
Uscita e lettura del primo numero del Giornale e nascita di nostra figlia Caterina: da allora non vi abbiamo più abbandonati ma sempre seguiti con entusiasmo e affetto. Auguri.
Cesi e Enzo Assogna
La lezione del nonno
Negli ultimi anni mio nonno mi ha spesso invitato a passare meno tempo a scrollare contenuti inutili sul cellulare e iniziare a leggere il Giornale. Quotidiano di cui lui stesso, Pietro Dani, stimato imprenditore, allevatore di vincenti purosangue e soprattutto colonna portante della nostra famiglia, è stato sempre un assiduo lettore. A inizio marzo ho finalmente accettato il suo invito, e mentre prima ogni momento era buono per stare al cellulare in balia di brevi e rapidi contenuti talmente di pregio da farti passare subito al successivo, ora ho sempre il Giornale tra le mani. Fermo al semaforo, nelle pause al lavoro, nei pasti solitari; mi intrattengo sempre con articoli delle validissime firme su politica, cronaca, sport e tante altre interessantissime rubriche presenti sul vostro quotidiano. Purtroppo il nonno è morto il 2 dicembre 2023. Ora, oltre a soffrire per il vuoto che ha lasciato, mi rendo conto di quanto sarebbe stata interessante la discussione di un nipote di 24 anni e un nonno di 83 sulla prima pagina di Sallusti, la stanza di Feltri, e tutti i preziosi contenuti del Giornale. Se solo avessi accettato quell’invito per tempo... In famiglia il nonno è al centro dei nostri discorsi, tante cose intorno a me raccontano di lui, ma niente rende il suo ricordo più nitido quanto il profumo del Giornale appena acquistato al mattino. Un bacio al cielo, caro Nonno, e grazie dell’invito.
Francesco Pietro Chiarillo
Aria pura per le persone perbene
Sono già passati 50 anni, mancava neanche un mese a sposarmi ed abitavo in piazza Borromeo: in quei giorni, all’edicola delle Cinque Vie, sono stato fatto oggetto di insulti da parte di giovinastri perché avevo preso il Giornale e La Notte: non tirava una buona aria. In casa mia era sempre entrato il Corriere tutti i giorni ed una volta la settimana la Domenica del Corriere e il Candido: addirittura io avevo imparato a leggere e scrivere in stampatello già prima dei 5 anni, incuriosito dalla campagna per il Referendum. Il mio papà era una persona molto perbene, aveva avuto molte difficoltà per i fascisti prima e per i comunisti dopo, quindi il Corriere rappresentava le persone equilibrate; poi però, passando gli anni, aveva cominciato ad andare giù di sponda e a tirare da una parte sola, io ne soffrivo. Per fortuna quel grande giornalista di Indro Montanelli, amante della libertà di pensiero, se ne esce e fonda il Giornale: una boccata di aria pura, di cui si sentiva il bisogno. Quindi sono 50 anni che tutti i giorni io lo prendo, addirittura la mia edicola me lo tiene anche se non passo, perché non mi sento di dormire tranquillo, se non sono sicuro di poter leggere le cose vere. Buon compleanno.
Enrico Beruschi
Un raggio di luce in tempi bui
Sono una lettrice 84enne del Giornale fin dalla sua prima uscita. Finalmente avevamo un quotidiano che riportava la realtà della situazione in Italia e nel mondo. Erano tempi bui e per questo era molto importante avere un’informazione «libera». Complimenti a tutti perché confezionate un giornale che riporta articoli interessanti in ogni ambito.
Silvana Bonfanti Peduzzi
Leggervi ogni mattina: una necessità
Ho 76 anni ma dall’età di 26 il Giornale entra in casa mia: dal primo numero. Pochi i giorni in cui per forza maggiore non ho potuto leggerlo. Poi, tra il 2004 e il 2013 ottenni la tessera di pubblicista, ebbi anche l’onore di collaborare frequentemente con Massimiliano Lussana pubblicando numerosi articoli nella sua indimenticabile edizione genovese del Giornale. Ma anche dopo la scomparsa dell’inserto, il Giornale è rimasto sempre a darmi il buongiorno e poterlo sfogliare ogni mattina resta una mia assoluta necessità. Continuate!
Pier Luigi Gardella
Un piacere passato di padre in figlia
Mio papà classe 1938 mi ha fatto leggere per la prima volta il Giornale quando ero in prima media, dicendomi di leggere solo quello che mi piaceva. Non ho più smesso, c’erano persone che mi guardavano con sufficienza quando vedevano la testata. Oggi nessuno ci fa caso.
Ma spesso incontro gente che mi dice sorridendo come è bello vedere chi il giornale lo legge; a me piace anche l’odore. E, regola base: prima lo leggo io, poi lo presto. Perfettamente ripiegato. Lo esigo restituito integro.Marzia Rischio
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