Via al 6 Nazioni. E l'Italia del rugby si affida alla cabala

Singolare dichiarazione del presidente della Fir, Dondi: «Questa volta niente cucchiaio di legno. Negli anni pari giochiamo meglio»

Al diavolo la preparazione scientifica, i calcoli dei bioritmi, i laboratori hi-tech cui il rugby di oggi affida il miglioramento delle prestazioni. Presentando l'edizione 2010 del torneo Sei Nazioni, i vertici dell'Italia ovale affidano le speranze azzurre di evitare una ennesima figuraccia a un semplice calcolo astro-matematico: «L'anno scorso siamo andati male ma era un anno dispari. Noi di solito ci esprimiamo meglio in quelli pari», dice il presidente Giancarlo Dondi.
A dire il vero non è sempre stato così. Nel 2000, anno della prima partecipazione italiana al torneo del grande rugby europeo, l'Italia finì ultima a due punti, nonostante fosse indubitabilmente un anno pari. É vero che l'anno successivo era dispari, e l'Italia andò ancora peggio, ultima a zero punti, rimediando il suo primo cucchiaio di legno. Ma - secondo una regola inviolabile - dopo l'anno dispari ne arrivò un altro pari: e ciò nonostante, per la seconda volta di fila, fu cucchiaio di legno. Le edizioni successive hanno visto un alternarsi di ultimi e penultimi posti, che finora agli osservatori e ai tecnici erano sembrati frutto di una inguaribile incostanza nel progresso fisico e mentale, in una certa discontinuità nella gestione tecnica della squadra, in input altalenanti che venivano dall'alto, insomma un po' del caso e un po' del solito caos italico. Invece ora i vertici della Federazione spiazzano tutti e spiegano: l'Italia gioca meglio negli anni dispari.
Dondi non si addentra in una ipotesi investigativa sui motivi per cui gli atleti italiani darebbero il meglio di sè negli anni divisibili per due. E evita garbatamente di polemizzare con l'International Board che, fissando lo svolgimento della Coppa del Mondo solo e soltanto in anni dispari ha finito con il danneggiare gravemente gli azzurri.
Comunque, con buona pace del calendario, il piano che la federazione ha elaborato per i prossimi anni è un piano tutto in crescendo: al punto che Dondi ha annunciato che l'obiettivo è nientemeno che vincere il Sei Nazioni entro l'edizione 2015 (che è peraltro un anno dispari). Un salto di qualità - in cinque anni dal cucchiaio di legno al trionfo - che può sembrare velleitario solo se non si studiano con attenzione le statistiche del rugby: al Galles qualche tempo fa è riuscita un'impresa ancora più clamorosa, visto che nel 2005 - appena due anni dopo avere rubato all'Italia il cucchiaio di legno dell'edizione 2003 - vinse a punteggio pieno il torneo delle Sei Nazioni. Saprà l'Italia di Dondi e Mallet fare altrettanto? In attesa di scoprirlo, si prepara l'arduo esordio di questa edizione, a Dublino il prossimo 6 febbraio con l'Irlanda campione uscente.

E il capitano azzurro Leonardo Ghiraldini, che giocando in prima linea è costretto dal ruolo a stare con i piedi ben piantati per terra, lancia un appello alla squadra a dare il meglio del meglio: «Bisogna partire bene, altrimenti il 6 Nazioni diventa un macigno».

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