Per la quinta volta in tredici giorni hanno abbandonato le loro nuove, ma misere abitazioni in due remote periferie di Pechino, sfidando il caldo torrido e una cappa di smog più densa e puzzolente del brodo alla cantonese. Per la quinta volta, sorreggendosi a vicenda con le braccia ossute, ma soprattutto con i loro cuori stanchi, hanno varcato la porta dell'Ufficio di Pubblica sicurezza. Per la quinta volta hanno messo sotto il naso di un funzionario, livido e impassibile come una statua di cera, l'ennesima e soprattutto inutile richiesta di autorizzazione a protestare contro lo sfratto subìto da entrambe, nel 2001, per consentire la demolizione dell'edificio dove vivevano da sempre.
Nel loro caso, come in quelli analoghi di almeno 1,2 milioni di cinesi (sono dati del Centro internazionale sul diritto alla casa, con sede a Ginevra) c'era da fare spazio là dove avrebbe dovuto sorgere uno stadio olimpico o un nuovo mega-albergo, monumenti d'acciaio e cristallo per soddisfare l'orgoglio del regime.
Ma la quinta volta - è successo qualche giorno fa, il 17 agosto - la signora Wu Dianyuan e la sua amica, nonché ex vicina di casa, Wang Xiuying, non sono uscite da quell'ufficio da Rossa Inquisizione come libere cittadine, bensì da condannate a un anno di rieducazione attraverso il lavoro. Le due «pericolose criminali», la cui pena terminerà il 29 luglio 2009, fanno insieme più di un secolo e mezzo d'età: 79 anni ha infatti la Dianyuan e 77 la Xiuying. Quest'ultima, perdipiù, è quasi cieca e storpiata dall'artrite, condizione fisica che commuoverebbe alle lacrime anche il più bieco dei capitalisti occidentali.
Benvenuti invece nella Cina comunista, paradiso dei lavoratori, dove un miliardo e mezzo di persone - in prima fila il comitato centrale del partito - piangono e si disperano in mondovisione per il crampo al polpaccio destro di un ostacolista. In quello stesso paradiso, però, il dramma di due donne anziane e malandate, punite con un provvedimento amministrativo che non richiede alcun processo giudiziario, si scontra contro la Grande muraglia della pubblica indifferenza.
Le caparbie quanto coraggiose signore Wu e Wang avevano compilato per la prima volta la prolissa e inquisitoria mole di moduli il 5 agosto scorso, cogliendo l'apparente gesto di liberalità offerto dal governo ai cittadini scontenti. Si trattava però di un qualcosa di molto cinese, ovvero di straordinariamente ipocrita e falso. Qualcosa del tipo: «Se proprio volete protestare, riempite queste carte e vedremo di accontentarvi. Nella nostra magnanimità abbiamo previsto alla bisogna ben tre parchi cittadini. Ma si potrà soltanto lì, in quegli spazi». Le libere opinioni della gente, insomma, trattate alla stregua della pipì dei cani.
In occasione di quella loro prima richiesta poter protestare, ha riferito Li Xuehui, figlio della Dianyuan, le due anziane erano state trattenute dalla polizia per dieci ore consecutive di interrogatori prima di essere rimandate a casa con un sonoro «No», amplificato dall'evidenza pittorica dei sinogrammi. Lo stesso «No» ricevuto del resto da tutte le altre 77 richieste di autorizzazione a manifestare presentate fino a ieri da altrettanti pechinesi che avevano evidentemente pure loro qualcosa da dire. E da ridire.
Nei confronti delle due signore, il regime ha avuto anche la facciatosta di esibire una preventiva quanto pelosissima magnanimità, forse per un tardivo rispetto dell'anagrafe. La Dianyuan e la Xiuying - è stato infatti precisato - saranno autorizzate a scontare il loro anno di lavoro rieducativo senza essere rinchiuse in un campo. Insomma, per dirla all'italiana, «a piede libero».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.