Milano La bomba è esplosa di prima mattina seminando costernazione e panico tra gli addetti ai lavori della moda. Suzy Menkes, autorevole critico de l'International Herald Tribune, la penna più amata e più temuta sul cosiddetto fronte del plissè, ha scritto un articolo clamoroso intitolato: Blame it on Berlusconi, «La colpa è di Berlusconi». «In questa città ci sono abbastanza abiti piccanti, audaci e sexy per vestire uno dei famigerati festini del presidente Silvio Berlusconi» spara la signora nelle prime tre righe del suo reportage da Milano dove sono in corso le sfilate donna per l'estate 2010. «In effetti “viva la Bonazza” sembra essere il grido di battaglia di questa stagione di moda - prosegue - solo che gli italiani usano il termine "veline" per descrivere le presentatrici televisive procaci, esibizioniste e poco vestite che Berlusconi ha inventato nella sua veste di magnate della televisione».
Basterebbe questo per far montare il caso nel settore della stampa italiana dove c'è sempre qualche stagista vestito come un palombaro ciclista (la moda denominata sport couture ogni tanto fa dei danni), incapace d'imbroccare un congiuntivo e figuriamoci un condizionale, che di prima mattina ti chiede «Hai letto la Menkes?» con il preciso intento di farti sentire un povero fesso. In principio rispondevamo cadendo nel tranello modaiolo, adesso non abbiamo più voglia e tantomeno tempo di farlo, ma ieri dal mucchio selvaggio dei piccoli fan di questa donna pettinata con una curiosa banana di capelli sulla testa e con un cipiglio degno di miglior causa, è arrivata una domanda più intelligente: «Perché la Menkes si mette a scrivere di politica, cosa le prende?».
Abbiamo inutilmente tentato di chiederglielo anche noi pur sapendo che ieri era Yom Kippur, una delle feste più importanti della tradizione ebraica per cui lei, da brava osservante sarebbe stata irraggiungibile. «L'ha fatto apposta» hanno sentenziato in molti: tutti quelli che ieri mattina oltre all'Herald Tribune hanno letto il Financial Times. Anche qui c'era un bell'articoletto al vetriolo sullo stesso tema: la presunta influenza nefasta del premier sulle collezioni.
L'autrice, certa Vanessa Friedman, è stata comunque meno violenta della Menkes che di solito usa armi più raffinate e precise del fucile a pallettoni tanto da esser chiamata «Samurai Suzy» per i suoi giudizi affilati. Stavolta, invece, ha sparato nel mucchio sbagliando pure la mira. Secondo lei Armani avrebbe aggiunto alla sua rispettabile linea Emporio un gruppetto di vestiti dai colori sgargianti con reggiseno a vista per colpa del premier. «Berlusconi - conclude - dovrebbe insignire Armani di un'altra onorificenza di Stato per il suo nobile tentativo di adeguarsi alla tendenza festaiola del presidente». Il bello è che lo scorso luglio Suzy era entusiasta della collezione di alta moda disegnata da John Galliano per Dior descritta nel nostro taccuino come «una sfilata di bella lingerie». E poi sono trent'anni che gli stilisti francesi, Gaultier in testa, impongono alle donne di uscire in reggiseno e guêpière, ma non ci pare che la Menkes si sia mai scandalizzata.
A questo punto della giornata le truppe cammellate del giornalismo di moda italiano si dicevano pronte a serrare i ranghi indipendentemente da quel che scrivono su Berlusconi nei loro giornali. Peccato che pochi (ma buoni) colleghi abbiano accettato di comparire con nome e cognome. «È ridicolo - ha detto Silvana Giacobini - se piove e uno non ha l'ombrello mica è colpa di Berlusconi». Alla direttora di Diva e Donna fa eco Mariella Milani del Tg2 spiegando le ragioni di tanto livore: «Noi italiani non sappiamo fare squadra. Sono stata otto giorni a New York, altrettanti starò a Parigi, mentre qui gli stilisti si sono fatti condizionare dagli stranieri che a Milano vogliono fermarsi 4 giorni non uno di più». Fantamoda? Mario Boselli presidente di Cnmi affonda il coltello nella piaga dicendo che criticare il nostro paese a titolo e a sproposito è un po’ uno sport della stampa estera. «Inoltre l'invidia non è mai morta mi risulta che a New York le cose siano andate malissimo». Dello stesso avviso Laura Biagiotti: «Non ci risparmieranno nulla perché siamo bravi siamo belli e facciamo anche business». La signora del cashmere prende poi le difese di Armani che preferisce trincerarsi dietro a un prudente no comment. «Se c'è una persona rigorosa ed elegante nella moda italiana è senza dubbio lui, viene colpito perché rappresenta la massima espressione del nostro successo nel mondo». Donatella Versace, invece, parla e dice di non credere che Berlusconi influenzi la moda, non arriva fin lì.
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