«Abbiamo i Suv, ma non siamo delinquenti»

«Abbiamo i Suv, ma non siamo delinquenti»

Tempi bui per i Suv. L’automobile cash-symbol è ancora nell’occhio del ciclone. Arma di killer senza scupoli, ora viene presa di mira dalla Finanza, incitata dall’amministrazione Pisapia per individuare lo status economico di coloro che la posseggono. Abbinata alla multa per chi possiede un Suv c’è infatti la segnalazione alle Fiamme gialle per un accertamento fiscale. Insomma, il Suv marcia in cronaca nera più che in bianca. Va bene che è un fuoristrada, per cui per dicitura è «fuori» da ogni via tradizionale, ma ci sarà pur una normalità in questo mezzo, la semplice utilità di un’automobile.
«Come Federazione stiamo pensando a una campagna mirata, proprio per far capire alla gente che è una macchina come un’altra e chi la sceglie non è per forza un «bauscia» o un killer, ma una persona che ama un certo tipo di guida o che ha necessità particolari» conferma Andrea Colombo, segretario della Federazione italiana fuoristrada. Meneghino, possessore di due suv, Colombo conferma che Milano è in assoluto la città d’Italia in cui questo mezzo ha più presa.
«Se il mercato del fuoristrada è in media del 7%, solo qui raggiunge il 30%». Perché? «Moda. Quando uscì il BmwX6 fu subito esibito da tutti i giocatori del Milan e dell’Inter, che qui fanno tendenza. Evasione fisica. La nostra è una città di cieli plumbei e strade asfaltate, per cui molte persone hanno case in luoghi sperduti. Evasione psicologica. Viviamo in un ambiente dove la natura scarseggia e forse il nostro cervello ha bisogno di immaginare dune del deserto, boschi, montagne. Luoghi che questa macchina evoca».
Non solo pirateria ma anche fantasia: un fuoristrada vero e che si rispetti, come Colombo sottolinea, deve avere la trazione integrale. Le altre imitazioni sono solo colpo d’occhio per diversamente vedenti, cioè per coloro che vedono nell’automobile quello che non vedono in se stessi: la sicurezza di essere qualcuno quando si arriva al bar e si parcheggia il macchinone davanti per darsi un tono. «E pensare - continua Colombo - che come Federazione noi diffondiamo la cultura del Suv come diversa percezione del mondo: sentirsi seduti in alto, in una posizione più corretta per il corpo, su un auto che infonde indubbiamente più sicurezza, è importante. Per questo organizziamo corsi di guida per non vedenti».
Ma il rapporto tra Milano e il fuoristrada deve essere proprio un fatto da analizzare a fondo, se la Federazione nasce proprio qui. Il suo primo club fu milanese, quarant’anni fa, come racconta il presidente, Vincenzo Sapienza, siciliano. «Sì - conferma - è meneghino il primo amore in Italia per gli sport utility vehicles. In Sicilia avrebbero più ragione d’essere usati, vista la maggior disposizione di spazi liberi, invece sono entrati subito nelle preferenze della città più asfaltata del Paese».
Forse perchè è la più libera? Diamo ancora questa nota positiva allo spirito di un auto che colpisce l’anima più indipendente. Sono ottomila e cinquecento i fuoristradisti italiani, si dividono i 250 club, organizzano ogni settimana almeno tre o quattro raduni.

Creano gite di soccorso con medici, corse di beneficenza e altre iniziative di volontariato, che comunemente non rientrano nel fascino di un simbolo che per molti significa solo tanto e tanto «danee». «Ma quale? - conclude Andrea Colombo -. Molti fuoristrada che girano per la città costano meno di un’utilitaria e non c’è macchina che si svaluti altrettanto sul mercato dell’usato come un Suv».

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