Alessia Marani
Hanno un volto gli assassini di Renato Biagetti, lingegnere di 26 anni ucciso allalba di domenica al termine di una festa sulla spiaggia di Focene. Uno si chiama Vittorio E., ha 19 anni, è una guardia giurata e, soprattutto, è il figlio di un appuntato dei carabinieri in servizio a Ostia, nella stessa caserma dove martedì notte è stato interrogato dai colleghi del padre prima di essere fermato con laccusa di omicidio volontario in concorso. Laltro, il complice, è un minorenne, 17 anni, giovane promessa del calcio locale e studente modello allistituto tecnico alberghiero di Fiumicino, figlio di un addetto alla sicurezza al «Leonardo da Vinci». Il primo si trova ora nel carcere di Civitavecchia, il secondo in un centro daccoglienza della Capitale. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, proprio Vittorio avrebbe affondato la lama del suo coltello a serramanico (ritrovato poi sotterrato in un giardino pubblico non molto distante dal luogo del fattaccio) nel petto di Renato, deceduto sette ore dopo in un letto dellospedale Grassi del Lido. «No, non pensavamo di avere commesso un omicidio - avrebbero detto prima luno poi laltro in lacrime agli uomini del nucleo operativo di via Zambrini -. Labbiamo scoperto il giorno dopo, leggendolo sui giornali». A Focene, villaggio di casupole e villette tirato su ai margini della pista numero 1 dellaeroporto, sul fazzoletto di costa tra Fiumicino e loasi verde del Wwf a Fregene, quelli che conoscono Vittorio lo descrivono come un tipo «irruento, attaccabrighe, dalla mani facili, un provocatore». «Una volta - racconta unamica - tornando con lo scooter dal lavoro, allAuchan del centro commerciale Leonardo sulla via Portuense, sè addormentato. Ha fatto un incidente e sè risvegliato zoppo al pronto soccorso». «Era un provocatore - aggiunge unaltra ragazza - non è difficile immaginare quanto è successo fino alla degenerazione». Nel piccolo centro del litorale in molti ricordano anche gli sforzi del padre per rimetterlo sulla «via giusta». «I genitori si sono separati - dice un amico - la mamma è andata via di casa portandosi laltra figlia. Il papà si dannava anche per tenerlo lontano dallalcol e dalla droga». Cè stupore, invece, per il coinvolgimento del diciassettenne. «Difficile immaginarli insieme - dicono dei conoscenti - paiono come il diavolo e lacqua santa. Il coltello? Qui a Focene, poche anime dinverno, quasi solo extracomunitari, lo portano dietro un po tutti, grandi e piccoli». I carabinieri di Ostia ricostruiscono così quanto avvenuto alle cinque di domenica davanti al «Buena Onda». Vittorio e lamico minorenne si avvicinano a bordo della Golf del primo a Renato, Paolo e Laura che sono sul viale di Focene, nei pressi del chiosco. «Cè ancora la festa?» chiedono; quelli rispondono: «Ma che candate a fa, è finita». «Andatevene voi che siete de Roma», la replica. Dalle provocazioni alle mani, poi il tragico epilogo. «Le perizie tossicologiche - spiega il colonnello Roberto Saltalamacchia - ci diranno se i due hanno agito sotto leffetto di alcol e droga. Per ora siamo in una fase ancora di penombra». Vittorio lhanno preso alla guida della sua Golf lunedì mentre vagava per strada. Il diciassettenne era in casa, martedì notte.
(Ha collaborato Emilio Orlando)
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