«Abbiamo miliardi che non riusciamo a dare»

Gli Artigiani di Mestre sabato hanno lanciato il sasso: «Il 78% dei prestiti va alle grandi imprese», hanno dichiarato allarmati dopo una ricerca del proprio ufficio studi. Ieri la replica ufficiale dell’Abi, per bocca del suo presidente Corrado Faissola, che ha definito il dato «destituito di ogni fondamento» adombrando addirittura il sospetto di «una finalità diffamatoria» nei confronti del sistema: perché «tali informazioni sono in contrasto con i «dati oggettivi». Quali sono allora i numeri che risultano all’Abi? «Il 52% del credito viene utilizzato dalle imprese con fatturato inferiore ai 50 milioni di euro - ha detto Faissola -. Le imprese che hanno oltre 500 milioni di fatturato usano meno del 30% del credito». «Il rapporto tra fatturato e credito utilizzato è assolutamente sbilanciato verso le piccole imprese», ha aggiunto, con un’ulteriore precisazione: «Le imprese fino a 250 milioni di fatturato utilizzano il 65% del credito erogato dalle banche».
Alla risposta istituzionale del mondo bancario fanno eco le dichiarazioni di Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo: «Abbiamo decine di miliardi che non riusciamo a dare» è stata la sua frase, sicuramente di grande effetto. «Se ci sono bravi imprenditori con buone idee che pensano di non avere credito dalle loro banche, ditegli di venire da noi, perché abbiamo continuato a fare il nostro mestiere che è quello di dare credito: abbiamo messo da parte molte decine di miliardi di liquidità che non riusciamo a dare», ha detto intervenendo a un convegno organizzato dai Cavalieri del lavoro a Milano. «Il credito è l’unica variabile dell’economia che ha segno positivo - aggiunge Passera - malgrado il calo drammatico dei diversi settori al quale il credito è ovviamente molto legato. Voglio ricordare che siamo ai minimi dei tassi di mercato, al livello minimo per gli spread, al massimo dell’imposizione fiscale sul settore, e questo è un problema, al massimo delle perdite sul credito, fattore importante per tutti perché poi tutto è legato». Va ricordato che il gruppo Intesa Sanpaolo al 31 marzo esponeva in bilancio 415 miliardi di raccolta diretta dalla clientela, contro 387,5 miliardi di impieghi. Numeri che indicano disponibilità senz’altro importanti.
Su questi argomenti s’innesta un altro tema, quello dei Tremonti bond: perché le norme che regolano questo sistema di finanziamento-ripatrimonializzazione delle banche quotate in Borsa prevedono che i Prefetti vigilino sulla reale destinazione dei crediti a chi ne faccia richiesta: una specie di ombudsman in difesa dei respinti dagli istituti, un livello di «appello» rispetto agli uffici erogatori. Tali norme non sono state finora precisamente definite. Ma lo stesso Passera più volte ha richiamato l’attenzione sul fatto che c’è differenza tra «fare credito» e fare «buon credito», che la banca ha tutto l’interesse di impiegare il suo denaro perché questo è il suo lavoro tradizionale, che essa deve tuttavia render conto delle sue scelte non tanto ai funzionari dello Stato ma, in primo luogo, ai propri azionisti.
Il gruppo Intesa Sanpaolo ha già deliberato - nelle competenti sedi dei consigli di sorveglianza e di gestione - il ricorso a Tremonti bond per un ammontare complessivo non superiore ai 4 miliardi di euro. La procedura di richiesta sarà attivata entro il primo semestre.


Da segnalare ieri una dichiarazione di Passera sull’operato del governo, che «ha reagito all’emergenza economica in maniera efficace». Quanto ai 150 sportelli messi in vendita dal gruppo Mps, l’ad di Intesa Sanpaolo ha detto: «È un’ipotesi da valutare». Il gruppo sarebbe interessato a 50 sportelli.

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