Abruzzo, fallisce l’imboscata di Di Pietro

Pdl ammesso al voto, i giudici smentiscono il leader dell’Idv: nessuna irregolarità nelle liste presentate dal centrodestra. Quagliariello: "Resta un clima da caccia alle streghe". L'ex pm: "Vogliamo giocare la partita sul campo", ma intanto pensa a un altro ricorso

Abruzzo, fallisce l’imboscata di Di Pietro

Roma - L’imboscata era già pronta. Dichiarazioni roboanti, minaccia di video pronti ad attestare le irregolarità. O meglio, le irregolarità che non c’erano, visto che ieri l’ufficio elettorale centrale presso la Corte d’Appello dell’Aquila ha ammesso il listino del candidato presidente della Regione del centrodestra, Gianni Chiodi. Con buona pace di chi - Di Pietro in prima fila, ma anche l’Udc di Casini e La Destra con Teodoro Buontempo - tifava per un’esclusione a tavolino.

E invece no, il Pdl correrà regolarmente alle elezioni al vetriolo d’Abruzzo. La «fumata bianca» è arrivata ieri a metà pomeriggio. Le apparenti irregolarità formali rilevate il giorno prima - la mancanza di alcuni timbri e l’insufficienza del numero di firme - si sono rivelate insussistenti. Il controllo della documentazione ha fatto aggiungere, alle 1.680 sottoscrizioni già dichiarate valide, altre 75 firme. È stato così superato di cinque unità il quorum di 1.750 presentatori necessario.

Una bella notizia per il Pdl. E un colpo mortale per l’Idv, che con Antonio Di Pietro aveva sbandierato il giorno prima il «possesso di prove documentali, fotografiche e video» a riprova delle irregolarità. Ieri Di Pietro ha presidiato di persona il palazzo di giustizia. Quindi, scornato, ha mollato la postazione: «Vogliamo giocare la partita sul campo – ha dichiarato – e non vincerla a tavolino. Rispettiamo la decisione presa dall’ufficio elettorale centrale della Corte d’Appello dell’Aquila, e la rispettiamo a tal punto che non chiederemo al Tar alcuna sospensiva in via cautelare, fermo restando il nostro diritto-dovere di avere copia degli atti e, eventualmente, attivare un giudizio di merito nelle sedi competenti a elezioni avvenute». Dietrofront sì, dunque, ma sempre col fucile puntato. A fare da sponda a Di Pietro l’Udc, ancora scottata dall’esclusione alle elezioni in Trentino. Anche La Destra con Buontempo va all’attacco, mentre il Pd, per bocca dell’abruzzese «doc» Franco Marini, ostenta distacco: «Sono soddisfatto – commenta l’ex presidente del Senato – per la decisione presa dalla Corte di Appello di riammettere la lista Pdl. La regione infatti ha bisogno che dalla competizione elettorale emerga un governo pienamente rappresentativo e autorevole. Un governo autorevole esce da un confronto elettorale franco e deciso e da una scelta che vede in campo i due schieramenti. Noi vogliamo vincere con il voto dei cittadini».

Veleni su veleni, dunque. Per un’elezione nata tra le polemiche, figlia com’è della bufera giudiziaria che ha travolto Ottaviano Del Turco costringendo lui alle dimissioni e il centrosinistra alla perdita di una delle sue giunte. «Quel che resta di questa vicenda – dice amaro il vicepresidente vicario dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello – è il clima di caccia alle streghe che sta trasformando la lotta politica in Abruzzo in una corrida fatta a colpi di sospetti, di denunce, di intimidazioni. I nostri esponenti, con buona pace di Casini, alla Corte d’Appello si sono recati solo quando sono stati chiamati, e per difendersi».

Gongola il coordinatore regionale di Forza Italia, Andrea Pastore: «Nonostante l’inquietante presenza di Di Pietro nel palazzo di giustizia aquilano, i magistrati della Corte d’Appello hanno dimostrato di avere una tempra ben diversa da quella dell’ex pm molisano.

Di Pietro ha coltivato sino alla fine l’illusione di conquistare il governo regionale per via giudiziaria».

La spada di Damocle dei ricorsi pende comunque tuttora sulle elezioni in Abruzzo. Ad annunciarne uno, per la riammissione della propria lista, Alleanza federalista-Lega Nord, esclusa a causa di un presunto ritardo.

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