Accordi unitari, nonostante Epifani Ora firmano anche gli iscritti Cgil

Ieri è stato presentato a Milano, nella sede di Federchimica, il 15° rapporto di Responsible Care, programma volontario dell’industria chimica mondiale, con il quale diverse (e di rilievo) imprese delle Associazioni nazionali, s’impegnano al rigore nelle aree di «sicurezza, salute e ambiente» con l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile. «Responsible Care», a cui aderiscono in Italia 175 imprese associate a Federchimica, esprime la volontà di una vasta area di questa branca industriale - un tempo considerata la più inquinante - di assicurare un’elevata sicurezza sui luoghi di lavoro, che oggi (secondo Inail) hanno le migliori performance di sicurezza, con il minor numero di infortunati. Un comparto capace di ridurre le emissioni di «gas serra» del 61 per cento rispetto al 1990 e i consumi specifici di energia dello 0,6 per cento tra 2008 e 2007.
È grande l’orgoglio di Federchimica di avere dato vita a questo «sistema» e di averlo fatto grazie a un solido confronto con i sindacati. Le imprese chimiche, poi, si preparano anche a un’altra scadenza: il rinnovo contrattuale. Dopo un po’ di preoccupazione, c’è ora ottimismo che dal 16 novembre - primo confronto sistematico tra le parti - possa partire un processo positivo. Qualche difficoltà, in questo settore pur all’avanguardia per diversi aspetti nelle relazioni di lavoro, c’era stata perché anche la molto concreta Filcem-Cgil risentiva dei mal di pancia della organizzazione di cui è segretario Guglielmo Epifani.
Mentre i meccanici della Fiom Cgil hanno rotto con Fim Cisl e Uilm, firmatari «separati» di un ottimo accordo con Federmeccanica. Gli alimentaristi di Cgil, Cisl e Uil invece hanno firmato unitariamente, forzando solo un po’ l’accordo sulla contrattazione nazionale definita nel gennaio 2009 da un accordo tra Confindustria e Cisl, Uil e altri ma senza la Cgil. E con un recentissimo contratto, invece, dei lavoratori delle Telecomunicazioni firmato da Cgil, Cisl e Uil, considerato particolarmente innovativo (con una forte cooperazione imprese-sindacati nel programmare l’evoluzione del settore), con 129 euro di aumento in tre anni e che recepisce in pieno l’accordo ripudiato da Epifani: i poveretti della Cgil del settore sono stati costretti perfino a dire che promuovono «un’agenzia», ma non un «ente bilaterale» per far finta di non avere accettato l’accordo confederale extracigiellino.
Di fatto nelle vicende sindacali descritte, sui giochini delle nomenclature Cgil prevale, ormai, praticamente sempre, un orientamento alla concretezza dei lavoratori in carne e ossa, preoccupati dalla crisi e decisi a collaborare attivamente con i loro imprenditori che anche nelle indagini demoscopiche tra la forza lavoro tendono a godere più fiducia dei sindacati e che in questi mesi hanno dimostrato grande sensibilità nella difesa dell’occupazione.


Però, insieme a questo, c’è anche il sempre più devastante sbandamento della Cgil: con riformisti cigiellini che litigano con i massimalisti della Fiom, e altri riformisti che invece ritengono il primo obiettivo liberarsi del nullismo epifaniano, insofferenti per i giochetti da nomenclatura che il «segretario» appronta continuamente. Così quella che era una confederazione ricca di storia, finisce giorno per giorno sempre più alla deriva.

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