Michele Anselmi
da Roma
«Clima eccellente sui tre festival del cinema», gongola il ministro Rutelli, garantendo la pace definitiva tra Venezia, Roma e Torino. Credergli? Martedì sera, dalle 20 alle 22, il vicepremier ha riunito i sindaci Cacciari, Veltroni e Chiamparino, accompagnati dai referenti istituzionali delle tre rassegne, ossia Croff, Bettini e Rondolino. Incontro lungo, a tratti vivace, anche se, nel commentarlo, il ministro plaude «all'intesa estremamente positiva» e si dice fiducioso «che il lavoro sarà nello spirito della più forte e aperta cooperazione».
Il comunicato, diciotto righe in tutto, suona invero alquanto generico, specie dove si invitano i tre presidenti a «precisare meglio i profili, i contenuti e le caratteristiche delle tre manifestazioni per evitare sovrapposizioni e favorire le rispettive specificità». Tutti sanno, infatti, che lo scoglio vero riguarda le date, troppo ravvicinate, e non si direbbe che la soluzione escogitata per il 2007 risolva davvero la querelle. State a sentire: Venezia 30 agosto-8 settembre, Roma 20-30 ottobre, Torino 24 novembre-2 dicembre. Insomma, Venezia resta dov'è, Roma scivola di una settimana, Torino di due.
In sostanza, ad averla vinta è stata la neonata e molto ricca Festa romana. Del resto, il senatore diessino Bettini, patron della kermesse veltroniana, aveva anticipato: parleremo, ma sarà difficile spostarsi da ottobre. Così è stato.
E pensare che Cacciari, infilandosi nella serale riunione a via del Collegio romano, aveva confidato ai suoi collaboratori: «Se Roma non sposterà le date vorrà dire che faremo la Mostra a ottobre». Il giorno dopo spiega: «Non smentisco la frase. Era metà boutade, metà seria. Se avessi verificato che non c'era nessuna disponibilità a discutere, sarei andato alla guerra anch'io». È bastato lo slittamento di una settimana, a quanto pare, per addolcire i furori. «Roma ci ha spiegato che era impossibile spostare la Festa in aprile, tra Berlino e Cannes, o a giugno, prima di Venezia, il che sarebbe stato peggio. L'unica data buona era quella. In compenso Rutelli non dice, e mi dispiace, che la Mostra sarà l'unico festival d'arte cinematografica a carattere nazionale, prioritariamente finanziato dallo Stato». Per la serie, consoliamoci con l'aglietto? Più tardi, parlando alle agenzie, il sindaco precisa: «Vorrà dire che ciò comporterà un po di sana competizione, ma razionalizzata e ordinata».
Una posizione che non garba al consigliere della Biennale, in quota Regione, Franco Miracco. «Avrei preferito un Cacciari sul piede di guerra. A questo punto mi pare evidente che Roma detta la legge sui piani finanziario e politico. Forse non serviva un incontro al ministero, bastava mettersi d'accordo al bar per fare un trenino
di disperati».
Rincara la dose il presidente Galan: «Mi pare che sia giunto il momento di ripensare alla radice il rapporto tra la Mostra e il Lido. Intanto mi aspetterei dal presidente della Biennale una seria autocritica». Croff, più possibilista rispetto all'intesa raggiunta, non raccoglie e replica così: «Certo che non sono soddisfatto dei sette giorni in più concessi da Roma. Ci mancherebbe. Mi chiedo però se basti invocare marce e barricate contro Veltroni e poi fermarsi agli slogan. La città, noi tutti, dobbiamo fare la nostra parte per difendere e potenziare la Mostra».
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