Educazione jihadista: nelle carceri minorili 7 detenuti su 10 a rischio radicalismo

La scommessa fragile degli Imam-educatori

Educazione jihadista: nelle carceri minorili 7 detenuti su 10 a rischio radicalismo
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Nel carcere minorile Beccaria di Milano sette detenuti su dieci sono musulmani, immigrati di seconda generazione (sì, i cosiddetti maranza). Una sproporzione tale rispetto agli italiani da rappresentare un’autentica bomba sociale. Da disinnescare al più presto. Vengono arrestati per rapine, violenza, spaccio. Arrivano tutti da situazioni di estremo disagio: non sono inseriti socialmente, non vanno quasi mai a scuola, detestano tutto ciò che è Occidente. E soprattutto sono facilmente manipolabili, si accendono per niente e quindi sono anche esposti a potenziali tentativi di indottrinamento e radicalizzazione jihadista. Basta che in carcere incontrino un «bro» più sicuro e incisivo che fomenti il loro rancore ed è facile che sposino concetti estremi e trasformino la loro fede religiosa in fanatismo.

Contro il fanatismo?

Da qui la decisione, in extremis, del carcere, della Diocesi, del Tribunale per i minorenni, del Viminale e dal ministero di Giustizia di introdurre un imam. Si chiama Abdullah Tchina, ha 58 anni, ed è già stato imam della comunità islamica di Sesto San Giovanni. Ovviamente non si tratta di un istigatore né invoca la sharia. L’idea è quella di introdurre una figura moderata che aiuti a placare gli odi e a evitare il fanatismo che sfocia in atti terroristici. Ma i dubbi sono molti e la decisione non piace a tutti: Riccardo De Corato, deputato Fdi, presenterà un’interrogazione al ministro Carlo Nordio: «Ma quale recupero dei maranza? - critica - l’imam peggiorerà la situazione». «È una figura fondamentale per i ragazzi lontani dalla famiglia» spiega invece il cappellano Don Claudio Burgio.

Sempre più giovani

La vera domanda è: basterà a evitare estremismi in un istituto-ghetto dove due terzi dei detenuti sono musulmani? C’è una doppia emergenza (e su questo sono tutti d’accordo): i musulmani nelle carceri italiane (non solo Ipm) sono 10mila. E l’età in cui i ragazzi compiono reati legati al terrorismo o dettati dall’estremismo religioso è sempre più bassa. L’agenzia dell’Unione europea per la lotta al crimine Europol rileva che nel 2024, il 29% degli arresti legati al terrorismo nell’Ue ha riguardato minorenni o giovani adulti tra i 12 e i 20 anni. Il sovraffollamento negli Ipm conferma che i reati dei giovani stranieri sono in netto aumento: nel 2024, su 496 ragazzi detenuti nei 17 istituti, 254 erano stranieri, ovvero più della metà. Non è specificato quanti di questi detenuti stranieri siano musulmani, ma è plausibile che una parte consistente lo sia.

Gli imam attivi nelle carceri, in base ai dati dell’associazione Antigone, sono 148 ma non tutti ufficialmente accreditati: per lo più si tratta di volontari. La svolta del Beccaria però potrebbe ufficializzare la figura anche negli altri carceri minorili italiani. Resta la questione della selezione degli imam da introdurre: come evitare di «arruolare» figure che non degenerino nel proselitismo anti Occidente? Anche questa questione andrà affrontata per poter garantire la sicurezza.

Non va sottovalutato l’aspetto più allarmante: il carcere, secondo la fondazione Icsa, è un luogo di reclutamento e radicalizzazione molto più pericoloso rispetto a moschee e luoghi di preghiera proprio perché è molto facile far leva sulla fragilità (morale e intellettiva) dei maranza. E lo è ancora di più con il sovraffollamento di questi anni.

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