Una volta il Tour lo correvamo per vincerlo

Il primo italiano è a quasi due ore dalla vetta: serve un rimedio, prima che il prossimo Giro di Francia lo facciamo in monopattino

Jonathan Milan
Jonathan Milan
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Ci dev’essere sfuggito qualcosa. Va bene che c’è Jonathan Milan in maglia verde, ma una volta il Tour lo correvamo per vincerlo. Qui serve l’aiuto del nostro grande esperto Pier Augusto Stagi per capire, ma nel frattempo – guardandoci in giro – il mistero si infittisce. Prendiamo, per esempio, noi che abitiamo a Milano e che abbiamo visto diventare le quattro ruote il veicolo del demonio, mentre le due (in qualsiasi forma) hanno ormai comode piste di tutti i tipi: protette, a zig zag, creative. Insomma: siamo diventati il Paese di qualsiasi cosa vada a pedali o al massimo con un modesto motorino, e non è una questione solo di città. Eppure…

E ancora: in tempi di vacanza pure al mare sbuffano sulle pedivelle. E se vi capita di andare in montagna, quante ne vedete vestiti di tutto punto, curvi sul manubrio, impegnati allo spasimo come se in cima ci fosse il traguardo di una vita? In pratica saremmo un popolo di ciclisti, lo siamo sempre stati, ma negli ultimi anni è successo qualcosa che appunto sfugge.

Chissà: saranno i watt che sono diventati l’unico argomento di discussione di chi ne capisce (io, ammetto, faccio fatica anche coi numeri dei rapporti), oppure il fatto che i corridori moderni parlano tutti inglese, mica più “ciao mamma sono arrivato uno” (che, ora possiamo dirlo, era un po’ ciclo shaming).

Però, appunto, guardando la classifica del Tour, il primo italiano è a quasi due ore dalla vetta, neanche corresse in Graziella. E allora: serve un rimedio. Prima che il prossimo Giro di Francia lo facciamo in monopattino.

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