Accorsi: «Divento un hidalgo in lotta contro le dittature»

L’attore parla della sua nuova pellicola «Tutta colpa di Fidel»

Michele Anselmi

da Roma

Ricordate? Era il più pagato, il più fotografato, il più tormentato, certo il più invidiato. La sua love-story con Laetitia Casta riempì pagine e pagine, incarnando essi la coppia perfetta: bella e sensuale. Il nuovo Mastroianni lui, la Marianna di Francia lei. Sembrava, dopo L’ultimo bacio, che senza l’ex ragazzo Maxibon nessun film funzionasse al botteghino. Adesso, a quasi 35 anni, Stefano Accorsi è sempre una presenza centrale del nostro cinema, ma si respira un’atmosfera meno frenetica e gasata attorno a lui. Magari è cresciuto, magari ha fatto bene a trasferirsi in Francia per quasi due anni, non solo per smaltire qualche delusione commerciale. S’è impadronito del francese, ha girato due film Oltralpe, e nel frattempo, appena poche settimane fa, è nato il figlio Orlando. Di cui dice con amoroso trasporto: «Da me ha preso solo le orecchie e la bocca, tutto il resto è merito della madre».
Eccolo qui, alla Festa di Roma, il «nuovo» Accorsi. Non ci sono folle di cronisti ad attenderlo in mattinata, e l’uomo, in verità, non pare turbato. Sta girando Saturno contro di Ferzan Ozpetek, nel quale, a differenza di quanto accadeva nel fortunato Le fate ignoranti, incarna un bancario etero diviso tra la moglie Margherita Buy e l’amante Isabella Ferrari. Ma non di questo si parla oggi. L’attore emiliano è coprotagonista di un piccolo film francese diretto dall’esordiente Julie Gavras, La faute à Fidel, ovvero «Tutta colpa di Fidel», come recitava il titolo del romanzo italiano di Domitilla Calamai dal quale è stato tratto. Vi interpreta un avvocato spagnolo, trapiantato a Parigi, dove vive agiatamente con la moglie Marie e i figli Anna e François. Siamo nel 1970, il Maggio ha già bruciato molte delle utopie sociali fatte balenare, e d’altro canto Fernando non ha grilli per la testa: proviene da una famiglia franchista, è cattolico, ama l’ordine e il decoro, indossa inappuntabili completi grigi. Finché la morte di un lontano zio antifascista, perseguitato dal regime, provoca nel buon borghese una sorta di sblocco. D’improvviso Fernando scopre la politica, e con essa un mondo «alternativo», militante, prima ignorato. Un viaggio nel Cile di Allende, il rivoluzionario borghese, completa la metamorfosi: solo che a quel punto è la piccola Anna, di nove anni, a non capire, a impuntarsi, e rifiutare la nuova esistenza, più randagia e ribelle.
Scandisce Accorsi: «Nell’adattare la vicenda italiana è venuto fuori questo personaggio dalle sembianze spagnole. Lo vedo un po’ come un “hidalgo” trasportato in terra di Francia. La lingua non è stata un problema, e comunque non interpreto mica un ballerino di flamenco, uno spagnolo stereotipato. Fernando non è cattivo, ha solo bisogno di liberarsi di un fardello che lo paralizza. Cresciuto nella Spagna di Franco, una dittatura soft solo in apparenza, fatica ad accettare quella Francia emancipata e scossa da fremiti. Finirà invece col connettersi alla politica, col trasformarsi anche fisicamente, facendosi crescere la barba e i capelli».
Nel film, che potrebbe non essere distribuito in Italia, l’ombrosa e giudicante Anna è interpretata dalla piccola Nina Kervel. «Brava e molto concentrata», la descrive Accorsi, «anche se per i bambini recitare su un set ha sempre qualcosa a che vedere col gioco. L’importante è ascoltarli, offrendo loro degli stimoli, in modo da mantenere un contatto istintivo». E qui sembra quasi parlare il neopapà. «Il senso della storia è racchiuso nello sguardo di Anna: la sua visione della vita è affidata a pochi elementi di base, molto concreti, che poco o niente hanno a che fare con le logiche degli adulti. Infatti lei resiste ai cambiamenti, teme di perdere privilegi e status sociale, detesta la vita che le stanno apparecchiando i suoi genitori».
Nel romanzo della Calamai alla fine la famiglia non regge allo sconvolgimento e si sfascia, con esiti drammatici. Nel film, invece, Fernando riesce a tenere insieme la piccola comunità. «Un po’ mi riconosco in lui.

Non butta tutto alle ortiche, in fondo è costruttivo, fa delle scelte, accetta di guadagnare meno», confessa Accorsi. E se gli si chiede un parere sulla Festa del cinema, se la cava così: «Mi pare bella e importante. Molto democratica. Sarebbe piaciuta ad Allende».

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