Roma

Accorsi prete-pedofilo (o forse no)

«Mi piacerebbe partecipare alla cerimonia d’insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca, è un evento epocale ma stasera io lavoro, c’è spettacolo - scherza Sergio Castellitto - posso solo dedicare al nuovo presidente degli Stati Uniti la “prima” di una messa in scena attualissima. Un testo che l’elezione di Obama ha reso, diciamo così, archeologico».
Sergio Castellitto da stasera al teatro Valle dirige la ripresa de Il dubbio, il testo del drammaturgo John Patrick Shanley, tradotto da Flavia Tolnay e adattato da Margaret Mazzantini, recitato da Stefano Accorsi, Lucilla Morlacchi, Nadia Kibout e Alice Bachi. Razzismo, conflitto, ipocrisia, moralità, ambiguità. Sono temi affilati quelli che Shanley ha coagulato nel suo testo scritto all’indomani del crollo delle Torri Gemelle, già vincitore del Premio Pulitzer nel 2005 e di un Tony Award. Dramma che racconta una storia di omosessualità e pedofilia ambientata nel ’64 in una scuola parrocchiale del Bronx. Qui padre Flynn (un ispirato Stefano Accorsi) è il prete cattolico accusato dalla direttrice suor Aloysia (Lucilla Morlacchi) di aver abusato sessualmente di un allievo, l’unico bimbo di colore della scuola. Lo scontro tra innocentisti e colpevolisti, che ogni sera deflagra dal palco alla platea, inducendo gli spettatori a toccare con mano il terribile dubbio (e a schierarsi chi col prete, chi con la suora) rappresenta la cifra di un dramma universale.
«Il testo è importante, ma fondamentale è stato l’approccio di Castellitto, il suo modo di rappresentarlo. Ha messo tutti noi attori nella condizione di osare, di avere sempre un po’ paura» spiega Stefano Accorsi, tornato a recitare a Roma dopo Naja (’96) di Angelo Longoni. «Mi dedico al teatro solo quando sento la passione bruciare - gli fa eco Castellitto - questo è un mestiere faticoso e relativamente gratificante, si può fare quando il fuoco arde. Il dubbio? È un testo semplice, oserei dire elementare ma la genialità è tutta lì. Ho fatto solo ciò che un regista deve fare, complicarlo». Come? Tramite una rete di tensioni inconsce e codici sotterranei, attraverso il lavoro degli attori che il regista definisce potenti come un effetto speciale. Al di là delle scene irrealistiche e della diversa concezione strutturale (il primo atto è cinematografico, il secondo teatrale), la regia di Castellitto esalta i chiaroscuri della scrittura, lasciando emergere mistero e sincerità. «Ha saputo creare parole, tra le immagini inventate, che danno profondità al testo e fanno fare dei salti enormi, allargando voragini tra quello che i personaggi possono apparire e ciò che possono essere - dice Accorsi - un lavoro che non traspare nell’allestimento francese, molto più “detto” del nostro e curato da Roman Polanski come un dramma da camera, né in quello americano assai più asciutto e secco» prosegue l’attore bolognese, confessando di non temere il confronto con Philippe Seymour Hoffman protagonista, accanto alla candidata all’Oscar Meryl Streep, della pellicola Il dubbio prossimamente nei nostri cinema e diretta dallo stesso Shanley. «Sono curioso di vedere quale sarà l’approccio di P.S.Hoffman al testo» chiosa Accorsi, tornato a recitare in teatro perché folgorato dal groviglio emotivo che padre Flynn cela sotto la tonaca. «Èun personaggio ambiguo, irrisolto, che ho deciso di lasciare aperto d’accordo con Sergio. Stavolta ho davvero scoperto il piacere di stare sul palco e di osare, perché un attimo prima di entrare in scena padre Flynn mi fa paura, ma quando sono in quinta già mi appartiene».


Repliche fino all’8 febbraio.

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