nostro inviato a Reggio Calabria
Murato vivo in una cella singola espressamente riservata ai boss mafiosi, il presunto mandante del delitto Fortugno dice la sua sul delitto eccellente, lancia appelli e messaggi in codice. Alessandro Marcianò, il caposala allospedale di Locri ribattezzato «Celentano», se la canta così: «Lo sanno tutti, nella Locride, che con luccisione del mio amico Franco, non centro assolutamente niente. E lo sa benissimo anche la vedova che invece di contribuire a far emergere la verità continua a dire cose, per me, incomprensibili. Non riesco a comprendere per quale diavolo di motivo mi trovo io, e non altri, in totale isolamento, in regime di 41 bis con laccusa daver pianificato lomicidio di una persona a cui volevo un gran bene. Non ci dormo la notte, mi ci arrovello ogni santo giorno perché da questa storia cè da uscire matti: supplico chiunque abbia il potere di farlo a non guardare solo al sottoscritto come al mandante dellomicidio Fortugno, a cercare altrove, a scavare in altre e intoccabili direzioni, ad analizzare bene ogni singolo dettaglio dellinchiesta. Non voglio diventare il capro espiatorio di una storia molto più grande di me...».
Attraverso il suo difensore Antonio Managò, assistito dallavvocato Annunziato Alati, Marcianò senior rompe la consegna al silenzio che sera dato sin ora e che il regolamento penitenziario severamente gli impone. Il botta e risposta con lavvocato, per comodità desposizione, viene riportato sotto forma di intervista. Ogni parola è soppesata. Ogni concetto è un condensato di rabbia e disperazione.
Perché parla di capro espiatorio?
«Rappresento la soluzione ideale, la più semplice, quella che fa contenta certa politica e lopinione pubblica. Se però si vanno a leggere tutte le carte dellinchiesta, ad eccezione delle parole di un pentito più volte sbugiardato dai riscontri che parla sempre e solo de relato, non cè una sola prova contro di me e sfido chiunque a sostenere il contrario. Si dice: Sandro Marcianò ha organizzato il delitto per fare un favore a Domenico Crea, per il quale faceva campagna elettorale nella Margherita, e che è risultato primo dei non eletti dietro Franco. Bene. Se così fosse, Crea dovrebbe essere indagato e invece non lo è. E allora io avrei ucciso un amico, per il quale in passato avevo anche raccolto voti (come in precedenza li avevo chiesti per il diessino Bova e il socialista Zavettieri) solo perché volevo farmi bello con Crea? E che altro fa questo diabolico caposala? Mette nei guai anche il figlio inserendolo nel commando? Ma su...»
A proposito di Giuseppe. Vuol dire che è in carcere per colpa sua?
«Giuseppe è in galera perché è mio figlio, perché ha lavorato per Crea e perché, come tantissimi giovani fra Locri e Siderno, ha la colpa di conoscere i presunti assassini di Fortugno. Lo hanno arrestato con grande clamore considerandolo lautista del commando dopodiché, a forza di riscontri in senso opposto, è stato retrocesso a vago organizzatore del delitto. Voi direte. Vabbè Alessandro Marcianò parla così perché cè di mezzo il figlio. Anche in questo caso sfido chiunque, pubblicamente, a smentire la circostanza che Giuseppe abbia un alibi di ferro e che ciò sia a conoscenza degli inquirenti. Ammettere che il pentito Novella affermi il falso su mio figlio e su di me significherebbe far crollare lintero impianto accusatorio. Supplico il ministro Mastella a mandare i suoi ispettori alla procura di Reggio perché controllino tutti gli atti».
Unidea su chi abbia voluto lomicidio Fortugno?
«Non so cosa sia successo, e perché. Penso che occorrerebbe indagare davvero in altre e più alte direzioni, compresa la politica e anche allinterno dello stesso centrosinistra come leggo dai giornali. E invece, per parlare di secondo o terzo livello politico, ci si è affidati a un delinquente di paese, pentito per convenienza, che spocchiosamente garantisce ai magistrati: Il livello politico? Be, lo suppongo io».
La vedova Laganà, indagata a margine dellinchiesta sul delitto, ha attaccato i magistrati. Se laspettava?
«Assolutamente no. Mi ha sorpreso che dopo le circostanziate accuse ai pm che lavevano indagata ha detto che avrebbe fatto chiarezza nellinterrogatorio dove si è invece avvalsa della facoltà di non rispondere. Per quanto riguarda la mia situazione mi è dispiaciuto molto che la signora, con cui lavoravo fianco a fianco e che frequento da tempo, abbia inizialmente detto che nemmeno mi conosceva quandinvece era persino venuta al matrimonio di mio figlio. Non capisco perché, conoscendo me, la mia famiglia e le cose di Locri, abbia riferito cose incomprensibili per chiunque abiti in Calabria. Non so nemmeno a chi voglia alludere, la vedova, quando fa riferimento a livelli occulti.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it
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