
«Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo». Il Papa si fa piccolo davanti ai grandi della Terra, nell'omelia della messa di insediamento del suo ministero. Dice, Leone XIV, che il Successore di Pietro non deve «cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate». Chiede unità nella Chiesa, in un tempo ferito dall'odio. E ammonisce: «Questa è l'ora dell'amore». La prima omelia di Papa Prevost è un manifesto di quello che sarà il suo Pontificato. Cita due volte Sant'Agostino, e ricorda la Rerum Novarum di Leone XIII, che lanciò la Dottrina Sociale della Chiesa.
Davanti alle delegazioni mondiali, da Zelensky a JD Vance, da Von der Leyen a Mattarella, il primo Pontefice statunitense rinnova il suo appello alla pace. «Questa è l'ora dell'amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio 'prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?'». «Costruiamo una Chiesa fondata sull'amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo sottolinea Prevost - che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l'umanità».
L'invito è a una Chiesa che non si chiuda nel suo «piccolo gruppo» e che non si senta «superiore al mondo». «Noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità» sottolinea il Papa, per «costruire un mondo nuovo in cui regni la pace». Il desiderio di Leone è chiaro: «Una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato. In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall'odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri».
Il Papa entra in piazza San Pietro intorno alle 9: è il suo primo bagno di folla. A bordo della papamobile elettrica, Prevost «abbraccia» 200mila fedeli, benedice alcuni bambini, attraversa i diversi settori della piazza, percorrendo poi via della Conciliazione, accolto da lunghi applausi. Sul sagrato Leone si ferma davanti all'Icona della Madonna del Buon Consiglio di Genazzano, alla quale è molto devoto. Ci sono 200 delegazioni di tutto il mondo, oltre ai rappresentanti delle altre religioni, dalla comunità ebraica ai musulmani, dagli induisti ai buddisti. Sul sagrato anche il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I che oggi viene ricevuto in udienza privata e che rinnoverà l'invito a Leone XIV a recarsi a Nicea, in Turchia, per il suo primo viaggio internazionale.
Si commuove, il Pontefice statunitense, quando riceve il Pallio (il paramento realizzato con lana di agnelli), per mano del cardinale Filoni (Mamberti ha avuto un malore e non ha partecipato) e l'Anello del pescatore, il sigillo che autentica la fede, compito affidato a Pietro. Prima dell'omelia si svolge il rito d'obbedienza prestata al Santo Padre da 12 persone. Leone XIV recita poi la preghiera del Regina Caeli (anche questa volta come domenica scorsa cantandola) e ricorda il suo predecessore Francesco. «Ho sentito forte la presenza spirituale di Papa Francesco che dal Cielo ci accompagna» dice. Poi l'ennesimo grido di pace. «Non possiamo dimenticare i fratelli e le sorelle che soffrono a causa delle guerre. A Gaza, i bambini, le famiglie, gli anziani, sopravvissuti sono ridotti alla fame» mentre «la martoriata Ucraina attende finalmente negoziati per una pace giusta e duratura».
Al termine della celebrazione, Leone XIV saluta le delegazioni presenti, in primis quella italiana guidata dal
presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Udienza privata per il presidente Zelensky mentre oggi è atteso in Vaticano il vicepresidente Usa Vance. Era stato lui l'ultimo leader mondiale ad incontrare Bergoglio prima della morte.
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