Le Acli: il concordato non ci obbliga a tacere

Il presidente Bobba: «Oggi il Vaticano non è più interventista del passato»

Francesca Angeli

da Roma
La sconfitta incassata al referendum sulla fecondazione assistita ha reso il centrosinistra «laico» sempre più insofferente nei confronti degli interventi della Chiesa e sempre più polemico verso le gerarchie vaticane. Ma è vero, come dice il senatore diessino Gavino Angius, che si è aperta una questione vaticana, che il presidente della Cei Camillo Ruini è diventato un attore politico?
Ipotesi che lasciano stupefatto Luigi Bobba, il presidente delle Acli, che attribuisice al clima di rissa politica certe prese di posizione. «La Chiesa non cambia: ha sempre fatto e detto le stesse cose su temi come l’aborto - dice Bobba -. Non vedo nessun cambiamento che preluda a una Chiesa che si fa soggetto politico. Semmai osservo che quando Papa Wojtyla intervenne a sostegno della pace contro la guerra in Irak nessuno allora ha avuto da ridire».
Ma c’è anche chi punta il dito contro il Concordato sbandierandolo come fosse «un patto di non belligeranza»: giacchè esiste questo accordo, sembra pensare certa sinistra, allora le gerarchie vaticane sono tenute a tacere. «Il Concordato regola rapporti di natura giuridica e non impedisce nè alla Chiesa di adempiere alla sua missione nè allo Stato di fare quello che deve», osserva Bobba. Semmai, prosegue, ci si deve chiedere che cosa è accaduto dentro la Chiesa e nella società «senza fermarci agli anni ’70». Di fronte alle nuove questioni etiche l’uomo è a disagio e la Chiesa cerca di venire incontro a questo disagio, dice Bobba. «La Chiesa non è più interventista di prima. Non c’è più la Democrazia cristiana ma non è che ora esista il partito di Ruini. Semmai la Cei ed i movimenti cattolici cercano di influenzare l’agenda politica indicando le priorità - spiega Bobba -. È una sfida nuova per la quale Ruini non ha truppe scelte pronte. Anche nel caso del referendum non è che i cittadini hanno fatto quello che diceva la Cei. È Ruini che ha saputo cogliere un sentimento comune».
Quello che sta cambiando secondo Gaetano Quagliariello, il presidente della Fondazione Magna Carta, all’interno della Chiesa e fuori è la logica concordataria. «Ora - sostiene Quagliariello - abbiamo due modelli di Chiesa: quella continentale e concordataria dove la Chiesa opera in un regime di separazione netta tra Stato e Chiesa e quello, diverso, anglosassone e americano dove la separazione non è così netta e la Chiesa partecipa a dibattito politico». Quagliariello indica come snodo fondamentale il discorso che il cardinale Joseph Ratzinger non ancora salito al soglio pontificio, fece a Subiaco nell’aprile scorso. «In sostanza Ratzinger disse che lo schema concordatario non deve trasformarsi in una rinuncia al diritto a parlare ed a combattere la propria battaglia culturale - spiega -. Andiamo sempre più verso una Chiesa di missione, combattiva. Il cardinale Ruini con i suoi interventi ha interpretato in prima persona questo sentimento senza delegarlo ad un partito come prima si faceva con la Dc».
La Chiesa non ha il diritto ma il dovere di parlare quando si affrontano temi come il diritto alla vita secondo Sergio Marelli, presidente delle Organizzazioni non governative di ispirazione cristiana, che tiene a specificare che parla «a titolo personale». C’è poi un altro piano di discussione che riguarda gli interventi del Vaticano su temi più temporali. «In questo caso - dice Marelli - c’è un diritto della Chiesa ad esprimersi. Il fatto che all’interno del mondo cattolico esistano scelte diversificate non soltanto viene accettato ma addirittura benedetto dalla Chiesa che orienta legittimamente verso scelte sociali e politiche che poi ogni credente traduce nel concreto nel rispetto della pluralità».


Anche per Marelli la Chiesa non è diventata più interventista. «Assistiamo invece a una decristianizzazione dello Stato e della società - conclude Marelli - che induce la Chiesa a riaffermare i valori delle dottrina cattolica».

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