«Ad Arconate contano solo i fatti: Podestà ci ha promesso la rotonda»

PARTITI Gli elettori: «Il programma del Pd è inesistente fatto solo di gossip e pettegolezzi»

«Ad Arconate contano solo i fatti:  Podestà ci ha promesso la rotonda»

All’una e trenta in punto, Fabrizio ordina il suo bicchierino di sambuca al bar Harmony, proprio di fronte al municipio. Appoggia le mani sul bancone e dopo aver fatto girare i cubetti di ghiaccio sul bordo di vetro, si concede il primo sorso. «Al ballottaggio chi voto? Podestà. La destra deve andare avanti e lui è la persona giusta per farlo, sotto ogni punto di vista». Come se prendere in considerazione l’alternativa di un altro nome fosse quasi una bestemmia. Arconate, piazza San Carlo, anzi via Roma. Un piccolo comune nell’hinterland milanese a pochi chilometri da Inveruno, Buscate, Busto Garolfo e Cuggiono. Qui la popolarità di Filippo Penati si è arenata alla rotonda che porta verso Legnano con il 25,4% dei voti, mentre la corsa del suo avversario è arrivata al 63,5%. Un plebiscito quasi. Come quello che ha riportato sulla poltrona di sindaco, il beniamino di questa cittadina, Mario Mantovani che l’ha resa bella, che ha organizzato le feste di piazza e i mercatini e che ha fatto di un paese un signor Paese. E Podestà? «Mi piace e l’ho votato. Ci ha promesso che quella rotonda la farà. Mica come quell’altro che per noi non ha mosso un dito su scuola, sicurezza e infrastrutture», tuona Egidio dalla sedia del bar Queen’s in piazza della Libertà. E questo basta. Anzi vale molto, molto di più di mille parole. Pazienza se anche il candidato Pdl alla presidenza di Palazzo Isimbardi magari di carattere è un po’ così, un po’ chiuso insomma. «Perché alla resa dei conti, ciò che importa sono i fatti. Su quel pezzo di strada terribile, gli incidenti nemmeno si contano».
In un paesino come Arconate, la politica è fatta di piccole cose, concrete, reali. Qui nella terra dei «sucurat» (gli zoccolati), dove fino a qualche tempo fa la gente andava in giro con gli zoccoli perché non si poteva permettere le scarpe, e dove mamma Rosa ha ricevuto la cittadinanza onoraria, la vita ha un sapore diverso. Un po’ come la cassoeula o il risotto alla rüstisciada. «Se li sai sentire bene, distingui il fegato, le budella, il cuore e il riso». Lo promette l’Annetta, la cuoca più anziana del posto e ci si può fidare che sia così. La ricetta per la politica deve essere più o meno la stessa.
«Cosa vuole che mi importi di Noemi o di tutta quella storia che hanno montato su, solo per gossip. La sinistra ha un programma inesistente. Penati ha pensato soltanto alla Brianza», incalza Fabrizio. La sua Provincia, la piccola Leningrado, se la faccia pure in Emilia dove son tutti rossi, ma non ad Arconate. Paese degli antichi nobili Arconati e De Capitani, di lavoratori, di anziani che vanno a coltivare l’orto, a prendere i nipoti a scuola, di donne che aspettano a casa il ritorno dei loro mariti, perché altrimenti se si va alla balera si perde l’onore. Qui si vive bene, si sta bene. È uno dei pochi comuni dove la popolazione invece di diminuire è cresciuta di duemila persone. Vorrà dire qualcosa, o no? «Guardi, da Podestà possiamo avere soltanto dei vantaggi. Si può sperare bene». Beniamino è l’attore del paese, 80 anni e al posto degli zoccoli di legno un paio di ciabatte all’ultimo grido. Gira nel paese con la bicicletta e la nipotina nel cestino. Dicono che imiti Charlot come nessun altro. Quando c’era la Colli in Provincia, andavano sempre a Milano con la compagnia di teatro.

«Ma poi è arrivato quello là e ci ha tolto tutto, non ci abbiamo più potuto mettere piede, perché queste cose per lui non erano importanti», sbuffa. Fosse solo per la passione per il teatro, lui quella croce sa dove metterla domenica prossima. E non ha nessun dubbio.

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