Avete presente quei ragazzini insopportabili che ci hanno importunato per decenni giocando a racchettoni in riva al mare e invariabilmente colpendoci in pieno volto, per poi discutere se il nostro naso valeva punto o imponeva la ripetizione del servizio? Dimenticateli.
Quella roba lì è diventata uno sport con tutti i crismi e la scorsa settimana al bagno Delfino di Pinarella di Cervia c’è stato persino un torneo con 10.000 euro di montepremi. Insomma, qualcosa capace di trasformare tranquilli signori con la pancetta, come il presidente del club organizzatore Claudio Battistini, in una sorta di guru over size della spiaggia, un Briatore allo squacquerone.
Ma la metamorfosi dei racchettoni è solo la punta dell’iceberg della proliferazione dei giochi da spiaggia, diventati talmente importanti da meritare apposite Olimpiadi, con tanto di cerimonia di apertura e di bracieri con le fiaccole, ospitati sulle spiagge della riviera romagnola, da Comacchio a Cattolica, ribattezzata «Riviera beach games».
Certo, come si capisce fin dal titolo e dalla ragione sociale, per avventurarsi in questi giochi occorre una massiccia dose di inglese. Perché non ce n’è uno che non abbia la parola beach come corollario obbligatorio e dizione inglese incorporata. Tanto per capirci, il più classico dei volani di una volta, che era tanto bello quando si chiamava volano, qui è come d’incanto trasformato in uno sconcertante «beach badminton». E via di questo passo.
Fra l’altro, non è che parliamo solo di beach volley (lo sport più apprezzato dai registi che riprendono le gare femminili alle Olimpiadi); di beach soccer che spesso vede impegnati anche giocatori e soprattutto ex giocatori della serie A di calcio; a volte, anche con variante foot volley che permette di colpire la palla solo con la testa o i piedi; di beach basket o di beach tennis e persino beach taekwondo e arti marziali varie. E nemmeno parliamo solo di bocce da spiaggia, di fresbee, di biglie, di tiro al barattolo, di calcio balilla, di ping pong o addirittura di sfide a Scala quaranta sui tavolini del bar (c’è anche la medaglia nelle carte, una delle più combattute) o di caccia al tesoro nella sabbia.
La fantasia degli organizzatori romagnoli - quasi per definizione - è praticamente infinita. E così si va dal tiro alla fune, sia nella versione da bagnasciuga sia in quella da pedalò, al pedalò senza funi ma a squadre, all’undernet che sarebbe un calcio sulla sabbia dove però vince chi fa più gol agli avversari tirando dalla propria metà campo e ad altre versioni del football da spiaggia in cui valgono anche le sponde. E poi non è che ci sono solo le prove diurne: come nelle migliori tradizioni di anticipi e posticipi, ecco anche le notturne. Per la precisione c’è il blackminton, che si gioca al buio, ma con il corpo dipinto di strisce fluorescenti.
Non c’è sport che sfugga alla traduzione «beach», nemmeno l’hockey, nemmeno il golf. Che, giusto per non sembrare troppo semplice, si gioca con mazze speciali e comprende sia la prova ad andare in buca, sia quella a colpire i partecipanti con le palline. Quasi una variante minimalista del Dodgeball che consiste nel colpire con un pallone un avversario e fare cadere la palla a terra nel campo opposto. A me, non sembra poi così diverso dal concetto della palla avvelenata. Però, Dodgeball fa più figo.
Poi, ci sono le specialità puramente acquatiche.
Insomma, il prossimo che se la prende con i racchettoni, ora sa cosa rischia.
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