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Addio alla Coppa America, Luna Rossa è tramontata

La barca italiana finisce ko anche nella quinta regata della finale della Louis Vuitton Cup. New Zealand archivia la sfida con un nettissimo 5 a 0 e si prepara ad affrontare Alinghi dal 23 giugno

Addio alla Coppa America, Luna Rossa è tramontata

Valencia - Bella regata, bell’inseguimento di Luna Rossa. Ma non basta per raddrizzare una settimana partita male e finita peggio. Così ieri è arrivato l’atteso cinque a zero, somministrato con classe estrema dai neozelandesi che hanno anche avuto la grazia di non allontanarsi mai troppo e di tenere la regata viva lasciando ai nostri eroi l’onore delle armi e il rosicone del rimpianto. Volete sapere subito il perché, almeno il nostro? Emirates Team New Zealand va di più. Non tanto, ma va di più. Dopo la prima regata ci eravamo illusi tutti: forse ce la fa... Ma era un bel sogno, come quello dei bambini di Mark Twain, che ricordano anche quello che non hanno fatto. È inutile buttare la croce addosso al medagliato Torben Grael che ha trovato poco vento dove lo cercava, o a Francesco de Angelis, o a Giacomino Spithill. I nostri avrebbero potuto vincere un paio di regate, avrebbero potuto far meno errori, ma è difficile scommettere che avrebbero vinto con questo avversario e in questa settimana di vento deboluccio, quasi leggero. La facilità con cui Emirates ha sempre rovesciato ogni buona occasione avuta da Luna Rossa è il sintomo più evidente che c’era poco da fare. Almeno davvero Luna Rossa avesse passato una boa davanti, ci avesse dato un segnale... C’è un errore? Francesco de Angelis non mente quando dice «è un insieme di piccole cose, ci sono mancati dei particolari, abbiamo preso la settimana storta». È possibile credergli senza aprire per forza, come piace un po’ a tutti, un processo, quello di Luna Rossa è un buon team, anche una buona squadra progettuale; come dice de Angelis «è lo sport, può andare così».

James Spithill ammette «non abbiamo navigato al meglio questa settimana, potevo essere più aggressivo». Alla sua si aggiungono altre voci. Anche lo skipper di Alinghi Brad Butterworth è di questa idea: «Credo semplicemente che i Kiwi abbiano regatato davvero bene. Hanno avuto il beneficio tipico delle regate della Louis Vuitton Cup, ovvero il tempo e le regate grazie ai quali sono migliorati costantemente, così ora sono un avversario difficile».

Anche Dean Barker sostiene Luna Rossa: «Non posso davvero dire che abbiano sbagliato qualcosa - dice -, forse erano un poco più deboli in un paio di cose, e noi abbiamo navigato meglio, ma sono stati un team forte». Sul pontone che accoglie le due barche in attesa della pirotecnica cerimonia di premiazione baci e abbracci tra i due team si sprecano. Si legge la stima, anche l’amicizia. Si capisce che è un momento in cui si comprende fino in fondo l’avversario. Vittoria e sconfitta. È anche il kiwi mood: rispettare l’avversario, costruire la vittoria.

Forse, a cercarlo, l’errore è stato di puntare su una barca che preferiva più vento. Infatti nella settimana in cui Luna Rossa ha battuto Bmw Oracle, c’era più vento. Tutti i team italiani si sono presentati con barche da vento, che in effetti sembrava dover dominare il campo di regata. La scelta su che scafo puntare è una discussione comune tra equipaggio e progettisti. «Almeno siamo arrivati qui - dice Francesco -, almeno abbiamo superato noi stessi di quattro anni fa, abbiamo dimostrato di saper stare nel gioco, abbiamo battuto Bmw Oracle». Così è Dean Barker ad alzare la Louis Vuitton al cielo, a tracannare Moet e Chandon e, per la prima volta da quando le regate sono iniziate, mostrare un segno di gioia. La dea Nike di Luna Rossa invece è quella di Samotracia: ha perso le braccia, non può fare il suo lavoro di accogliere la vittoria. Peccato. È finita male ma quella di Luna Rossa è stata una bella storia. Cambierà il team? Di sicuro, Patrizio Bertelli, in un eventuale ritorno, non lascerà le cose come sono e si favoleggia di un «promessa» che gli avrebbe fatto Russell Coutts in un paio di visite milanesi.

Vero? Falso? Si dice anche che Larry Ellison abbia messo sul piatto otto milioni di euro all’anno, nel nuovo tentativo di portare la Coppa a San Francisco.

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