Cultura e Spettacoli

Addio a Folon, la triste felicità delle immagini

L’artista belga è morto a Montecarlo, aveva 71 anni. Una grande sensibilità messa al servizio dell’illustrazione

Molti lo conoscono senza saperlo. Molti, a cui il suo nome non dice probabilmente nulla, avranno in mente certe sue gigantesche pubblicità, in cui potevano comparire personaggi con la testa tagliata a metà, da cui uscivano come farfalle dei fiocchi di nuvole. Oppure altre figure, magari con una colomba vicino, sempre un po’ disorientate, eppure contente di essere al mondo. Senza mai un problema, men che meno una tragedia. Si capiva che vivevano in una fiaba, e se per qualcuno potevano risultare un po’ stucchevoli («La gente - diceva Gadda - ha preoccupazioni che la tengono, e d’ogni minuto. Non ha tempo d’interloquire coi bamboli»), a tanti suscitavano un’istintiva simpatia.
Jean-Michel Folon, perché è di lui che stiamo parlando, scomparso ieri a Montecarlo all’età di settantun anni in seguito a una leucemia, era, un po’ come i suoi personaggi, una figura che non apparteneva tanto alla storia dell’arte, quanto a quella della fantasia, del racconto per immagini.
Folon, certo, non ha mai creato delle strips. Ma la sua vocazione fabulistica, la sua inclinazione fantastica l’hanno portato a disegnare con la stessa facilità e felicità con cui disegnano i creatori delle illustrazioni e dei cartoni animati. Perché Folon era questo: un grande illustratore. Chi, soprattutto all’estero, ha voluto intrupparlo nell’eterogenea famiglia degli artisti laureati (in cui oggi, per la verità, si trova di tutto) paradossalmente non gli ha fatto un favore. Sottoposto a confronti improbabili, ingenerosi e in fondo inutili, con il surrealismo o con certa pittura visionaria, Folon aveva tutto da perdere, e finiva per non essere capito nel suo più autentico talento. Invece i suoi disegni e i suoi acquerelli avevano la capacità di divertire, di comunicare, di dare ornamento, insomma di illustrare nel senso più alto del termine.
Se, dimenticando Magritte e Delvaux o altri nomi simili che, soprattutto in Belgio, sono stati irresponsabilmente avanzati, si collocasse Folon nel piccolo teatro dei creatori di illustrazioni, siamo convinti che, senza perdere nessuno dei suoi antichi ammiratori, ne acquisterebbe di nuovi.
Folon era nato l’1 marzo 1934 a Uccle, alla periferia di Bruxelles. Dopo aver iniziato studi di architettura, li aveva presto abbandonati, dedicandosi al disegno. I suoi primi riconoscimenti li ottiene negli Stati Uniti, dove negli anni Settanta la prestigiosa rivista New Yorker gli commissiona diverse copertine. Il suo tratto lieve, senza peso, il suo uso altrettanto leggero e volatile dell’acquerello, i suoi temi caratteristici, spesso legati ad argomenti sociali e civili nonostante l’apparente inverosimiglianza, si fanno notare. Non a caso si deve a lui una serie di illustrazioni per il cinquantenario della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo proclamata dalle Nazioni Unite. Più recentemente aveva invece collaborato alla campagna elettorale di Rutelli e della Margherita.
Da noi era noto per la serie di pubblicità della Snam e dell’Eni. Tra le sue opere più significative, comunque, rimangono i disegni e gli acquerelli per alcuni libri: Kafka, Borges, il Lewis Carroll di Alice nel paese delle meraviglie, Bradbury, Apollinaire, Maupassant. In quelle tavole Folon dà sfogo a un’ironia divertita e affabile e a una fantasia malinconica, nonostante la gaiezza immediata dei suoi soggetti.

E in quella felicità un po’ triste consiste il vero comun denominatore della sua ricerca.

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