
Maria Di Freda se n'è andata lunedì, nella sua casa di Milano, dopo una vita intera spesa alla Scala, dove era entrata il 9 aprile 1973, sotto la sovrintendenza di Paolo Grassi. Combattiva e lavoratrice "noi dell'Irpinia siam fatti così", amava dire dopo una riflessione sulle sue giornate in ufficio era nata nel 1950 nell'avellinese. Ambizione da vendere e poca propensione ad attendere il risveglio economico della propria terra: fece rotta su Milano, con ingresso al Piermarini che divenne la sua seconda pelle.
Ha attraversato sette sovrintendenze, tempeste politiche, riforme e ristrutturazioni, fino a ricoprire il ruolo di Direttore Generale: incarico creato su misura per lei da Stéphane Lissner e mantenuto fino all'era Meyer, con uno stipendio pari a quello del Sovrintendente, segno del peso strategico del suo operato. Nel 2021 Meyer decise di redistribuire i compiti fra i manager, superando l'intermediazione della Direzione Generale, poi di fatto non più reintrodotta. Di Freda, la "zarina" per i collaboratori, fu costretta a un pensionamento mai metabolizzato, che per la legge del contrappasso toccò in sorte, sul fronte Scala, anche a Meyer. "Zarina" perché, nell'ultra quarantennio di presenza scaligera, conosceva tutti e tanti ne aveva assunti, portandoli ai posti di comando.
"Un carattere infernale, fatto di sfuriate quotidiane dopo le quali comunque ci ha sempre difesi tutti. Aveva con noi dipendenti un legame di famiglia, forse antiquato ma profondamente umano", ricorda oggi un collaboratore.
Il suo nome resta legato alle più importanti trasformazioni istituzionali e organizzative della Scala. Dopo una carriera iniziata nei Sistemi Informativi, nel 1991 le fu affidata la Direzione del Personale e dell'Organizzazione; tre anni dopo diventò Assistente del Sovrintendente Carlo Fontana, contribuendo al passaggio storico da Ente Autonomo a Fondazione di diritto privato e partecipando al restauro della sede storica, alla nascita del Teatro degli Arcimboldi e dei laboratori ex-Ansaldo.
Nel 1998 assunse la Direzione dei Rapporti Istituzionali, mantenendo anche la responsabilità di tournée e attività internazionali, che la portarono a organizzare centinaia di recite in Italia e all'estero. Dal 2003 coordinò le Direzioni del Teatro per il rientro in sede dopo gli anni agli Arcimboldi, fino alla riapertura del 7 dicembre 2004.
Nel 2008 fu nominata Direttore Generale. In questo ruolo ideò e seguì due progetti destinati a ridisegnare la macchina produttiva scaligera: la Palazzina di via Verdi, che ha riunito uffici e sale prove, e la futura Cittadella della Scala in zona Rubattino, ancora sul tavolo, destinata a concentrare laboratori e magazzini.
Fra il 2019 e il 2020, nella delicata transizione fra Alexander Pereira e Dominique Meyer e in piena pandemia, gestì la sospensione forzata delle attività garantendo continuità e coesione. Sempre lontana dai riflettori, affrontò sfide logistiche e burocratiche predisponendo strumenti e strutture per sostenere la dimensione "colossal" delle produzioni di oggi.
Decorata con la Mela d'Oro del Premio Bellisario (2010), il Premio "Milano Produttiva" (2013) e l'onorificenza del Ministero della Cultura della Federazione Russa (2020), dal 2023 era membro del Consiglio direttivo del Circolo dei Lettori di Milano.
Il Sovrintendente Fortunato Ortombina, il Direttore Musicale Riccardo Chailly, il Direttore del Corpo di Ballo Frédéric Olivieri, la Direzione e i lavoratori del Teatro si sono stretti intorno alla famiglia ricordandone la "dedizione indefettibile, il carattere risoluto e combattivo,
l'umanità e l'affetto per la famiglia scaligera". Il suo nome resterà legato alla stagione in cui la Scala ha cominciato a pensarsi come una città della musica concreta, efficiente, lungimirante tanto quanto un tempio dell'arte.