Antonio Signorini
da Roma
Dalla «forte integrazione nella Nato» alleutanasia dellatlantismo, da un quasi presidenzialismo al «no» alla «dittatura della maggioranza», dalla flessibilità come opportunità alla mannaia sulla legge Biagi. Se i programmi elettorali sono lo specchio di una coalizione, il centrosinistra versione 2006 assomiglia sempre più a Fausto Bertinotti e sempre meno a Francesco Rutelli o a Massimo DAlema. Almeno questo è quello che emerge confrontando le 281 pagine presentate sabato da Romano Prodi, con «le tesi dellUlivo» che lo stesso Professore firmò nel 1996 quando vinse le elezioni o con il programma di Rutelli del 2001.
Divorzio dagli Usa. Se il riferimento allatlantismo e agli Stati Uniti contenuto nel programma 2006-2011 è tiepido (solo poche righe per dire che lEuropa deve essere autonoma, anche se «in rapporto allAlleanza atlantica»), nel 1996 le idee erano diverse. La scelta filo-occidentale e pro Usa era esplicita. Nelle «tesi» si chiedeva una «forte integrazione nella Nato e, in futuro, nel pilastro europeo dellUeo per la difesa del territorio nazionale dalle potenziali minacce missilistiche provenienti da Est o da Sud». LUlivo voleva anche un «adeguamento» degli armamenti» per permettere allItalia «la partecipazione a forze multinazionali nelle operazioni di mantenimento e imposizione della pace». Partecipazione che il programma 2006 rende praticamente impossibile.
Addio bipolarismo. Finita anche la spinta propulsiva del maggioritario che il centrosinistra aveva abbracciato fin dai tempi del referendum del 93. Nel 96 fu inserito nel programma dellUlivo, con buona pace dei «cespugli». Nelle tesi cera un chiaro riferimento alladozione «del collegio uninominale maggioritario a doppio turno di tipo francese». Anche nel 2001, il programma firmato da Rutelli dava la priorità alla stabilità dei governi da raggiungere «con una legge elettorale che affidi al voto la scelta della maggioranza governativa e del presidente del Consiglio». Oggi lUnione annuncia che non imporrà un suo sistema elettorale - quindi niente ritorno al maggioritario, come annunciò lo stesso Prodi a dicembre - e che semmai «lavorerà» per una legge che concili «rappresentanza e governabilità». Allo stesso tempo il programma dellUnione per le elezioni del 2006 denuncia il rischio che le riforme del centrodestra portino ad una «dittatura della maggioranza».
Cera una volta la flessibilità. Piedi di piombo sui temi del lavoro, forse perché furono quelli che provocarono la caduta del governo Prodi nel 98. Nel 96 e nel 2001 la flessibilità non era ancora un tabù. Le tesi dellUlivo la prevedevano esplicitamente «per linserimento delle fasce deboli come giovani e adulti obsoleti» e chiedevano di accompagnarla con «differenziali salariali, che rispecchino differenziali di produttività tra settori produttivi e zone del Paese». Ancora più netto il programma del 2001, secondo il quale il lavoro flessibile «non è una minaccia, ma unopportunità». Oggi le forme di flessibilità previste dalla legge Biagi vanno «numericamente contenute e cancellate quelle più precarizzanti». E, più in generale, il lavoro flessibile «non può costare meno di quello stabile».
Fisco più «progressivo». Cambia laria anche per quanto riguarda il fisco che grava sui cittadini. Nel 96 la preoccupazione era di «lasciare la pressione fiscale invariata». Rutelli arrivò ad indicare un abbassamento dellimposizione fiscale prevedendo una riduzione «al 40% del Pil». Nel programma 2006 bisogna faticare per trovare un riferimento concreto al fisco. Per quanto riguarda limposta sulle persone fisiche lunico riferimento è attaccato alla riforma degli assegni per la famiglia e consiste in una «revisione dellIrpef, ispirata al recupero di una maggiore progressività fortemente ridotta dalle riforme del centrodestra».
Barra a sinistra. Cambiamenti anche negli altri grandi temi delleconomia. Se nelle precedenti tornate elettorali lUlivo premeva - come Cisl e Uil - per valorizzare la contrattazione aziendale e locale rispetto a quella nazionale, oggi fanno capolino temi cari alla Cgil come la legge per la rappresentanza sindacale.
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