Adesso la Cassazione inventa l’attenuante gay

STRANEZZE Lo stesso delitto punito in modo diverso se il giudice è politicamente corretto

Uccidi? Magari premeditatamente? Se sei gay o lesbica, transgender o bisex la pena è quasi dimezzata. Per cui prima, se proprio devi ammazzare qualcuno, travestiti, lascia dichiarazioni di stampo omosessuale, da innamorato pazzo. Poi procedi tranquillo, mira bene, esagera pure in proiettili: se trovi il giudice politicamente corretto, anche se ti beccano te ne vai in galera sì, ma con l’encomio dei nobili sentimenti. Questo è il succo amaro che ricaviamo da una sentenza. Essa riguarda un delitto pianificato a Bologna (si badi «pianificato») per anni.
Domenico Bottari aveva 35 anni quando scaricò otto colpi di pistola contro Riccardo Venier, 22 anni. Due anni prima Bottari se ne era innamorato. Gli scrisse e-mail di fuoco. Voleva lui, solo lui. Venier, forse perché di diverso orientamento sessuale o forse perché aveva altre preferenze personali, respinse le profferte amorose del gay. Forse in malo modo (omofobia?). Il Bottari punto sul vivo passò allo stalking, alle molestie cioè. Pedinamenti, telefonate, ossessiva presenza, un incubo. Finché dinanzi all’inutilità dei suoi tentativi decise di punire il renitente al suo amore malsano (si può dire? Sia chiaro: amore malsano non in quanto amore omosessuale, malsano in generale). La Corte d’Appello ha ritenuto che un odio motivato da questa pretesa feroce, premeditato ed eseguito senza alcun ripensamento, meritasse l’aggravante dei «motivi abbietti». Trent’anni di carcere.
La Corte di Cassazione invece, nell’apposita sezione specializzata in sentenze progressiste, ha dimezzato o quasi la pena: sedici anni. Perché così poco per un omicidio di questa bestialità? Risposta. Perché motivato dall’amore, che essendo gay, dev’essere valorizzato in questi tempi di persecuzione, ed è dunque amore a prescindere, amore puro, appassionato, romantico, malato non si può dire, se no commettevano omofobia anche le toghe. Ovviamente non si sono espressi così, i supremi giudici. Ci scuseranno se ci permettiamo qualche deplorevole sarcasmo, ma questa volta è grossa. Con questa sentenza si reintroduce l’istituto latino del «delitto d’onore» però, onde non suscitare indignazioni nei settori radical gay, lo si applica appunto a una persona delle categorie definite con un acronimo Glbt (cioè gay lesbiche bisex transgender).
Insomma. Non è passata alla Camera la legge che considera un’aggravante la violenza e l’omicidio quando a esserne il movente è l’odio contro un omosessuale perché omosessuale. In compenso la Cassazione ha stabilito che se invece la violenza e l’omicidio sono motivati non dall’odio per i gay ma dall’amore di un gay, scattano le attenuanti più gigantesche che si possano immaginare. Ma noi vorremmo chiedere: se un gay uccide un gay per odio ai gay allora scatta o no la legge sull’omofobia purtroppo bocciata? Spiace essere ironici quando c’è di mezzo l’orrore di un omicidio e la tragedia di una vita stroncata. Ma non ce l’abbiamo con il morto bensì con l’assassino, gay o non gay, per noi è uguale.

Resta il fatto invece che un gay innamorato è stato punito in modo ridicolo per un crimine efferato, proprio analizzando e approvando questo tipo di amore. La giustificazione vale solo per i gay siciliani che si sa sono portati al delitto passionale, o vale anche per le lesbiche norvegesi? Insomma, va bene così?

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