Adesso D’Ambrosio diventa garantista

«Se si fanno uscire ora le trascrizioni delle intercettazioni vuol dire che si vogliono utilizzare per la lotta politica». Così Gerardo D’Ambrosio, senatore diessino oggi, procuratore della Repubblica di Milano ieri. A sorpresa, il magistrato che protagonista di una stagione, come quella di Tangentopoli, nella quale i veleni portarono spesso a esiti drammatici, adesso D’Ambrosio osserva che «alla riservatezza sancita dalla Costituzione si può venire meno solo se ci sono esigenze processuali. Altrimenti si finisce con l’aiutare la strumentalizzazione di cose per la lotta politica». Si torna indietro nel tempo quando tutto veniva utilizzato per la lotta politica, «come ai tempi del Sifar quando si facevano le veline per farle utilizzare contro l’avversario politico». Secondo il senatore «c’è un degrado anche in questo senso. Se un fatto è penalmente rilevante nulla quaestio, in caso contrario le intercettazioni devono essere accantonate». Quanto alla paternità di chi ha fatto trapelare le indiscrezioni D’Ambrosio parla di «responsabilità strane. Questo modo ha favorito chi aveva già queste intercettazioni.

Non credo che chi è tenuto al segreto abbia una memoria così formidabile da riportarle parola per parola. Chi ha deciso di farle uscire ora le aveva già da tempo. D’altra parte quella relativa a Fassino mi risulta sia uscita un anno e mezzo fa».

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