In principio era «lo scarparo marchigiano», con la variante di «scarparo a pallini». Adesso che l’odio è tracimato, su Dagospia Diego Della Valle il patron di Tod’s e Hogan ha perso pure il pur dispregiativo titolo, declassato a «Diego Laqualunque», alias «Dieguito». Chi abbia iniziato per primo non è dato ricordare, anche se così a naso si direbbe quel provocatore di Roberto D’Agostino. Il perché di tanto astio non è qui il caso di indagare, ché la via potrebbe portare fuori strada. Il punto è che i due, il fondatore del sito più addentro alle segrete stanze del gossip e l’imprenditore che s’è comprato un po’ di pagine sui quotidiani per dire in imperfetto italiano a lorsignori politici che si levassero dai piedi, fossero pure, i piedi, fasciati nelle sue scarpe, ecco, i due si odiano.
Parlane bene o male purché ne parli, diceva Oscar Wilde. Ma se il risultato è certo quello, ché infine l’uno fa pubblicità all’altro il che non guasta a entrambi, l’intento è invece l’opposto, e cioè quello che in gergo dagospiniano risponde alla definizione di «sputtanamento». E infatti ecco l’ultima puntata, proprio ieri, con Dagospia a costruire un dossier di bordate, intitolato «De Scarpantibus, io speriamo che me la cavo (in italiano)». Al primo punto la lettera che un imprenditore ha scritto al Corsera insinuando il dubbio che Della Valle produca all’estero, altro che paladino del made in Italy: «Diego Laqualunque sputtanato (hogan alla cinese?) da una lettera al “suo” Corriere della Sera». Bum. Con chiosa di Dago sugli italiani che all’estero, a detta di Della Valle, lo fermerebbero chiedendogli di fare qualcosa per l’Italia: «Ce la vediamo la scena. Diego Laquelconque (alla francese, ndr) che passeggia per Faubourg Saint’Honoré senza Mastella al guinzaglio e viene fermato a ogni vetrina da frotte di indigné espatrié: “Facci qualcosa contro il degrado italiano, commendator Della Valle! Ce lo dica lei, a questi politicanti inutili, che così non si può andare avanti!”. E lui che si mette a posto il ciuffo, disincastra i braccialetti dalle ciocche dei capelli e rassicura: “Avete ragione, adesso gliene dico quattro a tutti quanti! Anzi, gliele scrivo sul Corrierrone. Sono anni che con i miei risparmi compro azioni di Rcs per far sentire la nostra voce, la voce della gente che produce per il bene dell’Italia!”».
Del resto, già la notizia l’aveva presentata così: «Diego Laqualunque pubblica un proclama alla nazione scritto con i piedi e con le scarpe (“gli” al posto di “loro”) il cui succo è: io so’ io e voi non siete un cazzo». Con aggiunta al veleno: «Tanto qualunquismo da marchigiano ripulito per far dimenticare all’ombra di quale fior di politico si è fatto largo nella finanza e nel palazzo: Mastella».
È un po’ come essere arrivati allo scontro finale, il compendio di anni di guerriglia. Chissà se Della Valle reagirà andando al contrattacco, come fece nel 2009. Di certo D’Agostino è da allora che aspetta un’occasione come il manifesto di questi giorni per restituirgli la pariglia. Era di luglio. Ad aprire le danze del Billionaire fu una nuova hit, intitolata «Dagostrunz» e scritta, si disse, da tal Mario Del Viale, amico dell’imprenditore e ospite sulla sua barca. Ci investirono bei soldini, per diffondere il singolo del «giornalaio viscido» col «cervello dedito allo scazzo», «squallido e schizzato» e «sfigato». Con Della Valle il mecenate a rigirare il coltello in un’intervista a Grazia: «D’Agostino? Poteva tentare di essere un giornalista serio e di qualità invece si è sprecato occupandosi di pettegolezzi! Sputtana tutto e tutti, magari per accontentare il datore di lavoro di turno: ci si può guadagnare da vivere anche in modi più dignitosi». Furiosa la reazione dell’indegno accusato dall’indignato (il lettore perdoni la scurrilità, ma queste furono le parole esatte): «Sono strunz e me ne vanto. Nella vita bisogna scegliere se essere servi o stronzi. Io ho scelto di essere stronzo piuttosto che leccaculo. Nella vita c’è chi ha palle e chi ha i pallini. Salutame ’a soreta».
Per dire. Ma gli episodi non si contano. Tale è la carogna dell’imprenditore, che l’acerrimo nemico D’Agostino riuscì a infilarlo pure in un’intervista a Repubblica in cui parlava di Geronzi e Rcs, mica di gossip, definendo Dagospia, pur senza citarlo, «sito internet da quattro soldi». Lui, Dago, sull’«indignado a pallini» non se ne perde una. Visto lo becca in vacanza beato fra le donne in un’infuocata estate caprese? Dago subito commenta: «Cosa pensa la terza moglie (e sorella della prima) di un marito così ragazzino?».
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