Si diceva un tempo che nella vita si possono cambiare, in ordine sparso: la moglie, l'amante, il partito politico, l'automobile, il domicilio, il passaporto, l'abito, la cravatta, il ristorante, il senso di marcia, la squadra di calcio. No, la squadra di football mai, quella era la passione e quella doveva rimanere per il resto della vita mentre tutto il resto era libero di mutamenti, pentimenti, rivoluzioni, cambi di direzione.
Ma il tempo non è più quello di cui sopra, dunque Gigi e Gianni vanno stasera allo stadio giurando di tifare per la squadra della loro città, Napoli e Roma. Si sa che De Magistris, Gigi per l'appunto, fino ai dodici anni tifava Inter, come gli aveva insegnato e trasmesso il padre suo. Avvicinatosi alla maturità, dice l'ex magistrato, decise di essere tale, cioè ex anche da ultras, basta con la Beneamata e il nord, vennero i giorni in curva B al San Paolo, in mezzo alla gente, forza Napoli, più comodo. Dalla curva B De Magistris ha traslocato in settori più consoni al suo censo istituzionale attuale ma non alla propria ideologia massimalista, dico tribuna autorità, mica il popolo che suda e fatica ma roba fine, a fianco di un'altra preposizione con ablativo a seguire, il De Laurentiis presidente padrone del calcio Napoli, oltre che illustre imprenditore cinematografico. I due hanno in comune il tifo per la squadra di pallone e la brillantina che confeziona il loro capello.
Dicono gli storici che, sulla via dei codici, De Magistris venne fulminato dal discorso sulla questione morale pronunciato da Berlinguer, da qui l'adesione all'idea comunista e la partecipazione ai funerali del grande sardo, leader del partito; tralascio, per abbondanza, la passione per Ernesto Che Guevara, insomma uno vero, duro e puro ma uno che se dovesse incrociare Gianni, nel senso di Alemanno sindaco di Roma, ex segretario del Fronte della Gioventù in sostituzione di Fini oggi sodale del succitato de Magistris Luigi, dovrebbe voltarsi altrove come Sarkozy con Cameron a Bruxelles.
Insomma percorsi diversi, opposti, Alemanno non ha più fiamme con cui scaldarsi, il calcio lo sfiora appena, dicono che sia agnostico per totale incompetenza in materia ma, per esigenze elettorali, deve giocare sui due spogliatoi, Roma e Lazio. Prima di lui ci fu il caso buffo di Walter Veltroni, bianconero juventino dalla fase montessoriana ma costretto a presentarsi in pubblico con il collo fasciato dalla sciarpa giallorossa o biancazzurra, dipendeva dagli astanti. In occasione dei derby o si dava malato o ribadiva la sua astensione naturale, battendogli il cuore per la Juve.
Dinanzi alla partita di oggi Alemanno ha tuttavia poche scelte, c'è la lupa, con tutti gli annessi e connessi, e dall'altra parte c'è il compagno De Magistris.
Va da sé che, quasi sicuramente, Alemanno non andrà al San Paolo, le priorità della capitale sono più serie, la criminalità macchia le strade e le vite, anche i calciatori romanisti sono stati oggetto di aggressioni, furti, rapine, minacce senza che i responsabili abbiano ancora un volto e un numero di riconoscimento a Regina Coeli mentre il pallone continua a rotolare e sembra roba da americani e banchieri.
Non è che De Magistris se la possa passare con allegria, Napoli meriterebbe attenzione sette giorni su sette, compresa la sera della domenica viste le ultime di cronaca che riguardano tesserati del club calcistico, l'ennesima rapina a mano armata, stavolta all'agente di Cavani con moglie incinta seduta accanto in auto, immondizia, cassonetti di vita di una città che non ha ancora capito. Ma una visita, con apparizione, in tribuna autorità, appresso al presidente, serve eccome per consolidare l'immagine e i voti del sindaco.
Stasera si gioca, in tutti i sensi, da domani si lavora. O no?
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