nostro inviato a Palermo
Sono rimasti appesi, come tutta lItalia, alle videorecite dei fratelli Graviano. E ora, ora che le deposizioni sono finite, il Cavaliere e DellUtri provano a mettere un punto fermo nella saga mafia&bombe.
«Che volete che vi dica, siamo alle comiche» spiega Silvio Berlusconi rispondendo ai cronisti a Bruxelles. Poche parole per chiudere, si spera, una parentesi oscura e indecorosa. E per dire basta a una stagione di veleni che rischiano di compromettere non solo limmagine del presidente del Consiglio, ma anche quella del Paese a livello internazionale.
A Palermo, invece, Marcello DellUtri è un fiume in piena. «Basta con questa spatazzatura» dice giocando con il nome del pentito più corteggiato dalle Procure dItalia. «Dovrei fare i salti di gioia, ma sono stanco e sto scontando la mia pena».
Gli avvocati esultano: il processo DellUtri è stato riaperto a un passo dalla sentenza proprio per ascoltare, venerdì scorso, Gaspare Spatuzza. Laccusa si era data obiettivi sempre più alti, ambiziosi, epocali. Ora questa tornata di smentite e silenzi potrebbe far naufragare la nave dibattimentale.
Laccusa pare frastornata, il presidente della Corte dappello Claudio DellAcqua incalza rapido, a tratti implacabile, il procuratore Gatto e gli imputati collegati in video. Lo spettacolo, andato in mondovisione, sta scivolando in farsa e lui ha fretta di chiudere. O almeno di arginare quel pastrocchio di accuse affastellate. Infine, congeda tutti dando appuntamento al 18 dicembre.
«Cè stato - dice Marcello DellUtri - un tentativo allucinante di coinvolgere Berlusconi attraverso Spatuzza». Lincursione, a quanto pare, è finita, gli inviati dei grandi giornali battono in ritirata. E DellUtri riflette ad alta voce con toni che riecheggiano lAndreotti imputato di mafia: «In questo processo cè stato un burattinaio». Almeno per il momento senza identità. Lo scopo non è stato raggiunto, i pozzi non sono stati avvelenati, anche se il dibattimento è ancora in corso e la sentenza arriverà nelle prossime settimane.
«Mi ha colpito la dignità di Filippo Graviano», conclude DellUtri. A differenza di Spatuzza il suo mi sembra un vero percorso di ravvedimento».
Ma non tutti la pensano allo stesso modo. Nemmeno a Roma, dove il «duello» Spatuzza-Graviano ha infiammato il Palazzo. «Spatuzza è un pentito, Graviano no - afferma Massimo DAlema -. Se un pentito fa delle dichiarazioni contro un boss è difficile che laltro le confermi».
Un fatto è sicuro, il verbo tanto atteso da una parte del Paese, almeno per ora, non cè.
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