Probabilmente non ricordava più nulla. Nemmeno di essere stata una grande attrice e una donna molto bella. Annie Girardot, da tempo affetta da quel terribile male che si chiama Alzheimer, si è spenta ieri in un ospedale parigino alla vigilia degli ottant'anni. Il set l'aveva abbandonato da quel dì, il suo ultimo film è Niente da nascondere, un giallo pallosissimo, ovviamente pompato dalla critica e premiato a Cannes, diretto dal trombone austriaco Michael Haneke, in cui aveva un ruolo marginale. Negli anni Sessanta la Girardot era popolarissima, non solo nella sua Francia (era nata a Parigi il 25 ottobre del ’31), ma anche in Italia, grazie alla storia d'amore con Renato Salvatori, uno dei due poveri ma belli lanciati da Dino Risi. L’altro, per la cronaca e per i più giovani, era Maurizio Arena. Eh sì, fu una vedette dei rotocalchi la scalpitante Annie, che aveva conosciuto Salvatori nel ’60 sul set di Rocco e i suoi fratelli, il capolavoro di Luchino Visconti, che tanti guai ebbe con la tartufesca censura di allora. Quindi una goduria per i settimanali di quei tempi, che sul flirt tra la prostituta della finzione Nadia e il focoso Simone, fratello dell'ancor più esuberante Rocco (Alain Delon, mica uno qualsiasi) ci imbastirono numeri su numeri. Figurarsi poi quando al fidanzamento, anche fuori dal set, seguì il matrimonio, rallegrato, verbo carissimo ai rotocalchi, dall’arrivo della figlia Giulia. La carriera della Giradot era all’apice: un film dopo l'altro, quasi sempre divisa tra le due patrie, la Francia e l'Italia. Anche nel magnifico e sfortunato, per gli incassi, I compagni di Monicelli, sulle rivendicazioni operaie del tardo Ottocento in una fabbrica di Torino, fa la prostituta, Niobe, di cui s’innamora l'ardente operaio Raoul (guarda caso, Salvatori). Siamo nel ’63, ma il meglio la Girardot lo deve ancora dare. Eccola la prova del fuoco, la più difficile per una donna seducente: diventare brutta. Anzi, bruttissima. Per non dire ripugnante. È una commedia grottesca del provocatore nato Marco Ferreri, La donna scimmia. Annie Girardot, ricoperta su tutto il corpo, volto insesorabilmente barbuto compreso, da una fittissima peluria, diventa l'oggetto del desiderio, puramente speculativo, di un ignobile trafficone, lo strepitoso Ugo Tognazzi, che la sottrae alle suore, la espone come fenomeno da baraccone e, per non farsela scappare, la sposa. Il produttore Carlo Ponti qualche dubbio l'aveva, ma si accontentò di togliere il finale con i cadaveri imbalsamati. Chi l’ha visto ce l’ha ancora in mente: neanche un trucco che le faceva ingiustizia sommaria riusciva a renderla davvero brutta. Di film la Girardot ne ha girati a non finire, una cinquantina sono arrivati da noi. Meno ancora sono i grandi successi. Tra questi c’è sicuramente Vivere per vivere di Lelouch, dove la trentaseienne Annie deve sopportare in contrappasso delle coetanee (cinematografiche) di allora: le corna. A mettergliele è il reporter di guerra Yves Montand con una bionda da schianto, Candice Bergen. Nello stesso anno gira una commedia, a episodi, secondo una moda passeggera ma non troppo: Le streghe: Nella fetta del ritrovato Visconti le tocca reggere lo strascico a Silvana Mangano: più che scontato, dato che il produttore era Dino de Laurentiis. Anche di pizze ne ha girate, come no. Da Dillinger è morto, micidiale apologo di Ferreri che mise al tappeto il pubblico e inebriò la critica, a Metti una sera a cena di Patroni Griffi, non meno barboso, ma molto più frequentato, grazie alle studiate perversioni dei personaggi. Senza tralasciare Il sospetto di Francesco Maselli del ’73, dramma fieramente antifascista, con il nome del pretenzioso autore infilato nel titolo, dove l'unico sospetto l'ebbero i pochi spettatori: quello di essere stati bidonati. Quasi altrettanto noioso è L'ingorgo di Comencini, del ’79, in cui la Girardot finisce bloccata nel traffico autostradale con Sordi, Mastroianni, la Sandrelli, Ingrassia e Tognazzi. Intendiamoci, non furono tutti da sbadigliare i suoi film.
Lo zingaro del corso José Giovanni era un bel poliziesco e Lo schiaffo una divertente commedia con Lino Ventura, in cui la Girardot è la madre di una verdissima Isabelle Adjani. Siamo negli anni Settanta. Ma la sua, tutto sommato breve, stagione, era gà finita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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