Dottoressa Marta Ciofi, lei, come direttore del reparto malattie infettive dellIstituto superiore della Sanità, è allarmata?
«No, la situazione è sotto controllo, questanno i casi di meningite da meningococco sono addirittura diminuiti».
Qual è la media annuale?
«Circa 300 allanno e i decessi sono circa il 15%. Però questo batterio mieterà sempre meno vittime».
Perché?
«Esistono le vaccinazioni per il ceppo C, quello molto aggressivo e in alcune regioni, ormai, si può ottenere gratuitamente per i bambini che non superano i due anni. Purtroppo per il ceppo B non esiste vaccino».
Con il vaccino si è immunizzati per la vita?
«Esattamente».
Chi sono i più colpiti?
«Gli adolescenti e i giovani adulti. Forse perché i campus favoriscono la promiscuità».
Come è accaduto nella festa in Veneto?
«Sì. Anche lì il contagio si è scatenato per contatto e la profilassi per alcuni è stata tardiva».
Colpa dei medici?
«Non è un problema di cura inappropriata. Purtroppo ci sono forme così aggressive che provocano choc settico e a volte la morte».
Quando ci si deve mettere in allerta?
«Se cè febbre alta associata da dolori articolari, rigidità alla nuca, forte torpore».
Ieri casi di meningite sono stati scoperti a Roma, Napoli e Bologna.
«Ma no, la meningite esiste e si scatena proprio nel periodo invernale come linfluenza. Per evitare il panico collettivo è importante controllare chi sta vicino al malato. In Veneto, per esempio, mille persone sono sotto controllo: una profilassi ad ampio raggio».
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