Adolescenti allo sbando

Non può essere solo colpa dello «spleen». Di quell’addio definitivo, ma troppo prematuro, alla speranza.
Cosa succede ai nostri ragazzi?
In poche ore ecco piombare dagli asettici dispacci d’agenzia, funerei telegrammi che ci raccontano ancora, per l’ennesima, maledetta volta, storie di morte, violenza, autodistruzione. Con protagonisti poco più che bambini. Qui sta il tragico comune denominatore.
A Monterotondo (Roma), davanti all’istituto professionale Marco Polo, ieri campeggiava uno grande striscione azzurro: «Dio ha un nuovo angelo, il nostro angelo». Epigrafe tristemente già letta. L’hanno lasciata compagni e amici di quella diciassettenne con gli occhi da cerbiatta, che appena poco prima aveva deciso di dire addio alla vita impiccandosi in un bagno della scuola. Perché? Dominika, dopo aver abbracciato papa e mamma, prima di uscire con lo zaino lo ha scritto in una lettera lasciata in una toilette. Un po’ in italiano e un po’ in polacco, il Paese da cui erano arrivati tanti anni fa i suoi. «Mi ammazzo perchè lui mi ha lasciato per un’altra». Era tormentata, l’ossessione di non sentirsi più bella, di pensare di essere stata abbandonata per qualche chilo che sul suo corpo ancora adolescente considerava di troppo. «A scuola la seguiva un psicologo, si è fatto tutto il possibile», racconta sconvolta una prof. Soffriva per amore la bella Dominika. «Era innamorata di un ragazzo più piccolo di lei che ultimamente non la considerava e ultimamente era ossessionata dalle diete», provano a spiegare, come se una spiegazione logica sia necessario trovarla, le amiche.
Il preside Gabriele Martinelli, è laconico. «Era una splendida ragazza, studiosa e tranquilla. Non mai avuto problemi a scuola e andava d’accordo con tutti». I suoi genitori, piangono su una panca di legno chiedendosi ancora perché. Su Facebook, quel posto un po’ finto e affollato su internet senza il quale i giovani si sentono soli, c’era ancora un messaggio di Dominika: «Paradiso, sto arrivando».
Spostandoci di qualche ora e più a sud arriviamo a Nicotera, provincia di Vibo Valentia. Qui troviamo un ragazzino di 15 anni diventato omicida. L’altra notte, con l’aiuto di un amico coetaneo dell’est, passamontagna in volto, ha ammazzato il padre seduto davanti alla tv. E lo fatto davanti ai tre fratelli, il più grande ventanni il piccolo 4. Voleva inscenare una rapina per depistare le indagini. Invece è finito in manette nel giro di poche ore.
Si è chiuso nel mutismo il «bambino», ai carabinieri alla fine avrebbe ammesso: «Non ne potevo più di vedere mio papà ubriaco picchiare mamma». Domenico Piccolo, pregiudicato di basso cabotaggio, 51 anni, è stato colpito con cinque coltellate, quattro al petto una alla schiena. La vedova, e madre del giovanissimo parracida, fedele alla «tradizione», non parla. Ai militari non ha voluto spiegare nulla. Soprusi, violenze, paure tutto nascosto tra le mura di casa. Anche di fronte alla tragedia.
Bruciano i nostri figli. In un presente fasullo, carico di promesse non mantenute e di sogni virtuali. A Novoli, provincia di Lecce, un sedicenne si è sparato in pancia perchè il papà, stanco di vederelo passare le notti in bianco, robotizzato davanti ai videogame, gli aveva sequestrato la play station. Ieri l’ennesima lite, l’uomo non riusciva a farlo alzare da letto, come al solito non voleva andare a scuola.

Il padre, professionista e collezzionista d’armi ha rinunciato, è uscito per andare al lavoro. Ha lasciato alla madre e alla sorella il compito di rimbrottarlo. Risultato. Lui ha preso una pistola e si è sparato. Game over, scrivono i giochi. Ma questo era vero. Adesso è ricoverato in gravi condizioni.

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