Certo, non hanno conquistato delle metropoli. E neppure hanno imposto piadine padane per tutti con percentuali bulgare. Ma pian piano hanno passato Po e Rubicone e hanno messo radici anche tra gli orfani di Peppone. Sono i sindaci iscritti o simpatizzanti della Lega che hanno conquistato le roccheforti rosse dell’Emilia Romagna. Gente genuina per terre goderecce e concrete, dove la sinistra rallenta e il Carroccio corre come una Ferrari Modena.
In Emilia l’unica enclave nordista è Viano, paese del Reggiano a 50 km da Brescello. Qui - dove si parla di caprioli, tartufo e del distretto della ceramica piuttosto che di proletariato -, ha vinto Giorgio Bedeschi, 60enne mobiliere: «A me piace stare in mezzo alla gente. Io sto meglio in tuta che con la fascia di sindaco e quando le anziane del paese mi hanno abbracciato davanti a uno gnocco fritto ho pianto». Buona tavola e anima popolare: «Ho promesso che durante il mio mandato andrò a bere un bicchiere di lambrusco con ogni famiglia, per ascoltare le loro esigenze. Qui fascismo e comunismo sono parole; l’islamismo è più reale». Vicino, uguale a loro: «Gli elettori sono persone, non utenti, contribuenti o deficienti». In posti come Casola Querciola o Fagiano, l’utente non è al momento raggiungibile in altro modo.
Il successo - parafrasando Arrigo Sacchi - si fa ancor più straordineeerio in Romagna. Dove rimangono tanti politici comunistissimi sulla falsa riga dell’assessore Cangini di «Zelig», ma dove i leghisti fanno capolino. Per esempio a Sarsina, patria del commediografo latino Plauto e della sagra della pagnotta, dove il centrodestra vince con Manlio Bartolini. E pensare che «devi andare a Sarsina» è l’equivalente romagnolo di «vai a Lourdes», dato che la religiosità popolare venera la miracolosa «catena» di San Vicinio. Così il Pd locale può fare un pellegrinaggio giusto sotto casa. Vittoria di Lega, Pdl e Udc anche a Rocca San Casciano, dove sindaco è Rosaria Tassinari. Qui, dove si tiene la festa dei falò e dove il simbolo del paese è un montone con la scritta «fat en là», la sinistra è andata in cenere e la vecchia amministrazione si è fatta effettivamente in là: «La gente è stanca dell’immobilismo - spiega la prima cittadina -. Non servono programmi che sembrano libri dei sogni ventennali: noi abbiamo vinto perché per esempio in paese non c’è l’Adsl e ce lo chiedevano tutti, perfino le forze armate». Ecco. Giovani e attenti alle piccole cose. Il Vate Sacchi direbbe: «Si vince solo con umiltè e intensitè». Con queste prerogative ha vinto anche Mario Fortini, uomo forte di Casteldelci, abitanti 478. Sindaco «vicino» alla Lega eletto con una lista civica dal nome maoista: Alternativa popolare. «In sei mesi abbiamo organizzato dibattiti, feste, convegni sul parco eolico. Dove possiamo, arriviamo noi, senza aspettare aiuti. Una famiglia mandava la figlia a danza a 20 km di distanza. Abbiamo preso una stanza, una maestra e ora abbiamo una scuola di ballo». Più che la paura dei clandestini, conta la voglia di fare.
Casteldelci è uno dei comuni dell’Alta Valmarecchia, dove pochi mesi fa un referendum ha sancito con l’84% dei “sì” il passaggio da Marche a Emilia Romagna e dove oggi la Lega ha raggiunto picchi del 20%. Qui, spiega il candidato alle provinciali Adriano Menghi, si vola: «A Talamello abbiamo eletto un’avvocatessa 31enne, Francesca Ugolini, in un solo mese di campagna elettorale. La crisi si fa sentire e i lavoratori scelgono il centrodestra». Stesso meccanismo a Sant’Agata Feltria. Qui il sindaco Guglielmino Cerbara è iscritto al Pd, ma eletto col supporto della Lega: «La sinistra ha perso mordente e il Carroccio si radica - ammette -. Le ideologie stanno a zero davanti alle frane, alla neve, a 120 km di strade da manutenere». Perché in Romagna si vince solo se si è concreti: «Non ci credevamo, ma alla fine il malgoverno ha perso - spiega Gian Luca Zattini, neosindaco di Meldola, patria dell’ex allenatore di Milan e Inter Alberto Zaccheroni -.
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