Linate, ore 16.30 di domenica 6 aprile. Al controllo bagagli degli imbarchi nazionali cè una fila lunga quanto nervosa e stanca. Sono accalcati penosamente nella coda anche neonati in carrozzina e bambini piccoli in braccio ai genitori: molti, è ovvio, piangono. Allinizio della coda cè un addetto - un energumeno obeso - che di professione sembra faccia il guardone delle pene dei passeggeri. Gli chiedo come mai non ci sia, come in tutti gli aeroporti, sempre e ovunque, un passaggio privilegiato per i neonati in carrozzina e risponde: «Ordini superiori». Alla mia richiesta di parlare con lautore di simili ordini scompare e poi riappare con la conferma dell«ordine superiore» e un commento che - sembra a lui - giustifica tutto: «Siamo in cassa integrazione».
A quel punto la scelta era tra cercare un responsabile dellaeroporto (e perdere il volo) o fare la fila. Ho scelto la fila, come male minore, con il bambino piangente, e rinunciando ad avere altre spiegazioni. Ma è evidente che lunico motivo di non creare una corsia preferenziale per i bambini piccoli (il che oltretutto avrebbe favorito anche la velocità del servizio) aveva lo scopo unico di creare disagio ai passeggeri, ovvero era una forma brutale e zotica di protesta sindacale non dichiarata e certamente illegittima.
Mentre si discute il destino dellAlitalia, di Malpensa e di Linate, episodi simili fanno pensare che non sarebbe poi così grave venire colonizzati da compagnie straniere, né che i nostri aerei perdano un po di traffico. Naturalmente è unesagerazione dettata dallira, ma non si possono lasciar passare impunite simili aggressioni al vivere civile.
Giordano Bruno Guerri
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