nostro inviato a Bologna
«Affittasi locale ad uso magazzino». Il cartello è bello grande, appeso sulla cancellata, e spiega tutto quello che cè da spiegare: superficie, cubatura, parcheggio privato, possibilità soppalco, telefono. Tutto, tranne un particolare. Che quel locale chiuso da un anno e mezzo era il pensatoio di Romano Prodi. Il capannone che ha ospitato la «Fabbrica del programma». La fucina della dottrina ulivista. L«open space» dove il Professore ha «ascoltato lItalia». Il precursore del «loft» del Partito democratico (chiuso anche quello, devessere un amaro destino comune) presentato come «lanti Milano due». Il laboratorio dove in lunghi mesi di profonde riflessioni sono state partorite le famose e fumose 281 pagine del manifesto prodiano. Ora anche la fabbrica giace in abbandono, come il programma che ne fu generato.
Le fanfare dellinaugurazione suonarono giusto tre anni fa, nel gennaio 2005. La scritta «Fabbrica del programma» giganteggiava sulla pensilina che copre parte del parcheggio. Arredamento minimalista stile Ikea, colori freddi, grandi séparé gialli scorrevoli a movimentare come quinte teatrali lo spazio vuoto. Al soffitto schermi al plasma; sparsi ovunque per i mille metri quadrati del salone tavoli e sedie, telefoni e microfoni: i simboli di una comunicazione che ferve, di incontri che si rincorrono, di pensieri che si consolidano. Un grande, serio, formidabile, invincibile crogiolo di sapere.
Nelle tre stanze raggiungibili da una scala metallica, le uniche riscaldate, si muovevano come api operaie i volontari che mandavano avanti la Fabbrica: aggiornavano i tre siti internet, organizzavano lagenda degli appuntamenti, rispondevano a telefonate e mail, preparavano le giornate di studio e approfondimento. Giulio Santagata, il factotum del Professore, sovrintendeva con locchio dellesperto. Romano Prodi, che non aveva un ufficio suo, si faceva vedere giusto quando serviva: alle conferenze stampa o alle giornate di ascolto. Allora arrivava presto, si piazzava davanti al computer mentre gli altri parlavano (cinque minuti a testa, regola ferrea imposta dal candidato premier), ogni tanto interrompeva con qualche domanda. «Si respira unaria di famiglia, sarà limmancabile mortadella offerta al buffet», scriveva estasiato il quotidiano Europa. «Bello essere fuori moda», si sdilinquiva Repubblica.
Fuori, un angolo brutto ma comodo del quartiere Corticella, incrocio tra via Rimini e via Corazza, zona operaia, case popolari e lunghe file di edifici artigianali incastrati tra due autostrade e la tangenziale. Davanti si stendono terreni coperti da sterpaglie (adesso su un lotto si costruisce), a fianco si trova un ufficio postale, poco lontano un bowling. Il fabbricato, deposito dismesso di unazienda di automazione industriale, era stato preso in affitto attraverso unagenzia immobiliare: 4mila euro mensili pagati con una quota dei rimborsi elettorali per le Europee.
Lobiettivo di Santagata era ambizioso: «creare un brand», un marchio. Cera stato il pullman, ora toccava alla fabbrica (qualche mese dopo ci sarebbe stato anche il Tir giallo) con la speranziella di impiantare tante fabbrichette in giro per lItalia. «Non saranno né sezioni di partito né comitati elettorali - fantasticava il futuro ministro del Programma - non vogliamo mettere in piedi unorganizzazione parallela allUnione, ma raccogliere idee, favorire la partecipazione, ascoltare».
Ed ecco quello che resta di quella stagione di sogni svaniti: un capannone vuoto che nessuno vuole occupare. Chiuso il contratto con i prodiani, i vecchi proprietari misero ledificio in vendita subito dopo le elezioni dellaprile 2006. Lo rilevò la No Gap Progetti, un grande studio bolognese di ingegneria, che lesse un annuncio sul giornale e si trasferì pochi mesi dopo. «Per noi era comodissimo - dice uno degli ingegneri che vi lavorano -: un grande spazio da ristrutturare, facile da raggiungere anche da fuori Bologna e con la comodità di un ampio parcheggio». La parte risistemata ospita uffici e stanze di progettazione. Il resto è lì, chiuso, spoglio, vuoto. Nessuna traccia del passaggio di Prodi, non un manifesto né una copia del programma.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.