Afghanistan, inviati in gran segreto i soldati delle forze speciali italiane

Operativi da fine luglio due reparti di incursori del Col Moschin e uno del Comsubin

Fausto Biloslavo

Un task group di forze speciali italiane è operativo da fine luglio a Herat, pronto a essere impiegato nelle quattro province occidentali dell’Afghanistan sotto comando italiano. Un dispiegamento avvenuto in gran segreto e in maniera scaglionata per non eccitare gli animi durante il recente e difficile passaggio parlamentare sul rifinanziamento della missione in Afghanistan. L’ultima aliquota era partita a metà luglio.
L’impiego operativo dei corpi speciali può prevedere anche missioni «combat», comprese ricognizioni a lungo raggio e raccolta di informazioni, contro i resti dei talebani che si fanno sempre più insidiosi in alcune zone di competenza italiana. Inoltre, come ha spiegato l’altro ieri il generale Fabrizio Castagnetti, il comando britannico di Isaf (la missione Nato in Afghanistan), dal quale dipendono le forze speciali italiane, può richiedere l’intervento dei nostri soldati anche al di fuori della zona ovest. Per esempio nelle confinarie province di Helmand e Uruzgan, dove l’allargamento della Nato nell’Afghanistan meridionale è duramente fronteggiato dai resti dei talebani e di Al Qaida.
Il task group è composto da tre distaccamenti, due del 9° reggimento Col Moschin, incursori paracadutisti, e uno del Comsubin, specialisti della Marina. In tutto una quarantina di uomini compreso il personale di supporto, che non sono pochi tenendo conto che parliamo di corpi speciali. Gli incursori saranno impiegati nelle province di Herat, Ghor, Baghdis e Farah, dove sono presenti quattro Centri di ricostruzione provinciale (Prt), anche di altre nazioni ma sotto comando italiano. La disponibilità di corpi speciali era stata concessa oltre un anno fa, in ambito Nato, dall’allora ministro della Difesa Antonio Martino. La rivista Analisi Difesa aveva rivelato in febbraio l’esistenza di questo piano, ma con la vittoria del centrosinistra e le polemiche sulla missione in Afghanistan nessuno ne aveva più parlato. Lo stato maggiore della Difesa ha confermato al Giornale la presenza dei corpi speciali a Herat con regole di ingaggio ben più combattive, rispetto al passato, a causa dell’espansione della Nato a sud.
Il task group opererà principalmente nelle quattro province del Rac West, la zona occidentale dell’Afghanistan, ma dal comando Isaf hanno precisato all’agenzia stampa Il velino «che se al comandante serve che il personale sia da altre parti è nelle sua facoltà spostarlo indipendentemente da dove questo sia di base».
Probabilmente si riferiva anche a questa evenienza il ministro della Difesa afghano Rahim Wardak, quando davanti a una delegazione di parlamentari italiani in visita in questi giorni a Kabul ed Herat, ha detto che le nostre truppe saranno impiegate anche a sud. Il generale Castagnetti, responsabile del Comando operativo interforze, ha spiegato che il quartier generale di Isaf «può disporre l’impiego di nostre forze a sud, ma prima deve chiederlo a noi, che entro 72 ore risponderemo».
In pratica si tratta del cosiddetto «caveat», ovvero di un accordo con l’Italia che subordina lo spostamento delle nostre truppe alla luce verde di Roma, o meglio del ministro della Difesa Arturo Parisi. Invece non c’è bisogno di alcuna autorizzazione se i corpi speciali sono attivati per le «extreme operations». Castagnetti ha spiegato che quando «si tratta di salvare la vita a soldati della coalizione o afghani, se ci chiederanno di andare a sud dovremo andare».
I nostri incursori, se non resteranno confinati alla base vicino all’aeroporto di Herat per motivi politici, avranno occasione di operare contro i talebani anche nella zona di competenza italiana. I rapporti sugli scontri nel mese di luglio parlano chiaro: nella provincia di Farah, a sud di Herat, gli attacchi dei talebani si fanno sempre più arditi. Il 24 luglio, 150 guerriglieri hanno preso d’assalto l’ufficio del governatore e la stazione di polizia del distretto di Bakwa ripiegando in seguito indisturbati. Nel capoluogo della provincia di Ghor, considerata finora tranquilla, dove si trova il Prt lituano, è stato attaccato un mezzo di un’organizzazione umanitaria internazionale, e i due passeggeri afghani uccisi. Anche nel distretto di Shindand, nella provincia di Herat, la situazione non è tranquilla a causa della faida fra Amanullah Khan e Ismail Khan, due signori della guerra rivali. Inoltre la vicinanza del confine iraniano e del Turkmenistan ha trasformato Herat in un crocevia del contrabbando di oppio, raffinato in eroina, che i trafficanti mandano in Occidente.
La zona ovest, sotto comando italiano, confina con le province «calde» dove dal 31 luglio la Nato ha preso il posto degli americani con 3.300 inglesi, 2.300 canadesi e 1.400 olandesi. Dall’annuncio dell’allargamento si è registrata un’impennata di scontri e attacchi suicidi.

«A causa della sensibilità delle opinioni pubbliche in alcuni Paesi europei e i relativi problemi politici che ne derivano - ha dichiarato il ministro della Difesa afghano Wardak - (i talebani) hanno scelto questo momento per intensificare le loro attività e influenzare le opinioni pubbliche straniere».

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