Una trappola esplosiva ha colpito ieri un convoglio militare spagnolo, che appoggiava due squadre di soldati italiani in missione nell’Afghanistan occidentale. Una donna soldato spagnola, di soli 23 anni, è stata uccisa e altri due militari feriti. Nessun italiano è rimasto coinvolto nell’attentato, perché al momento dell’esplosione «i nostri soldati non erano in zona», secondo lo Stato maggiore della Difesa. Le squadre coinvolte sarebbero unità Cimic, di cooperazione civile/militare, che si occupa di progetti umanitari. Invece la versione ufficiale spagnola spiega chiaramente che il mezzo colpito faceva parte di una colonna «in appoggio al personale italiano impegnato ad addestrare l’esercito afghano». Secondo gli spagnoli non si trattava di soldati in missione umanitaria, ma di unità Omlt (Operational mentor and liason team) composte da 16 uomini ciascuna. Dei duri provenienti dai reparti speciali, con il compito di addestrare lo scassato esercito afghano per farlo resistere agli attacchi dei talebani.
L’imboscata è avvenuta nelle vicinanze di Shindand, a due passi dal confine iraniano. Una mina ad alto potenziale, secondo le informazioni rese note dal ministro della Difesa spagnolo, José Antonio Alonso, è esplosa al passaggio del convoglio militare. Un’ambulanza blindata (Bmr), con la Croce rossa dipinta sulla fiancata, è stata colpita in pieno. Idoia Rodríguez Buján, una donna soldato, è rimasta uccisa, mentre i suoi commilitoni, Cesar Munoz Pantoja e Jorge Liaño del Río, sono rimasti feriti. I soldati spagnoli colpiti fanno parte di un’unità aviotrasportata che divide la base, accanto all’aeroporto di Herat, dove ha sede il comando italiano dell’Afghanistan occidentale, assieme ai nostri soldati. I soccorsi sono scattati subito, ma per la giovane non c’è stato nulla da fare. La salma ed i due commilitoni feriti sono stati evacuati con un elicottero a Herat, che dista oltre cento chilometri. Oggi è previsto il rimpatrio con un aereo militare. Quella di ieri è la diciannovesima vittima spagnola in Afghanistan.
Lo Stato maggiore italiano insiste che i nostri soldati erano separati dalla colonna spagnola al momento dell’esplosione, pur essendo stati assieme fino a poco prima. Inoltre da Roma giurano che si trattava «di unità Cimic impegnate in missione di ricognizione per dei progetti umanitari e di ricostruzione». Il giornale spagnolo Abc, invece, sostiene che le «due squadre italiane» sono state «accompagnate» dal convoglio spagnolo e avevano come compito «l’addestramento dell’esercito afghano». Stiamo parlando di «Operational mentor and liason team», squadre composte da specialisti e appositamente create per ricostruire il settore della sicurezza afghano. Secondo alcune fonti afghani, italiani e spagnoli si trovavano a un certo punto in un unico convoglio e quindi non è chiaro cosa sia realmente accaduto.
La zona di Shindand, dove è avvenuto l’attentato, è sempre stata terreno di scontro fra signorotti della guerra locali di diverse etnie. Inoltre la campagna di sradicamento dell’oppio, lanciata dal governo afghano nell’area, sta provocando la reazione dei contadini e toccando gli interessi dei trafficanti di eroina. Spesso bande dei signori dell’oppio si alleano con i talebani in funzione antigovernativa. I soldati italiani e spagnoli che operano nella provincia di Herat sono obiettivi preferenziali.
Ieri il colonnello Tom Collins, portavoce della missione Nato in Afghanistan, ha ammesso che «il nemico sta preparando un’escalation delle sue attività per la primavera». Non a caso il consigliere della Casa Bianca, Steve Hadley, in visita al comando Nato a Bruxelles, ha dichiarato che ci vogliono «più uomini, più spesa e capacità (...
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