Aggirare il blocco Bossi-Tremonti Ecco la sfida di Silvio sul decreto

RomaLa suggestione è che davvero si possa mettere pesantemente mano alla manovra come invocano da giorni i vari frondisti del Pdl, come sperano molti ministri e big di via dell’Umiltà e come, almeno in cuor suo, vorrebbe anche Silvio Berlusconi. La verità, però, rischia di essere ben più cruda visto che i tempi per rivedere e correggere il provvedimento sono piuttosto stretti se l’esame in commissione al Senato inizierà già martedì. Con Umberto Bossi - raccontano i bene informati - che non avrebbe alcuna intenzione di riaprire il dibattito sulla riforma delle pensioni, da molti considerata l’unica vera alternativa per recuperare quei quattro-cinque miliardi di euro che permetterebbero al governo di ridurre i tagli agli Enti locali e ridimensionare l’impatto del contributo di solidarietà (magari applicandolo solo ai redditi dai 150mila euro in su).
La strada per arrivare a riscrivere il decreto, dunque, è piuttosto in salita. Nonostante le decine di proposte rilanciate in questi giorni e l’acceso dibattito che si è aperto nel Pdl. «Movimenti di pattuglia», secondo un importante esponente di via dell’Umiltà. Un modo per dire, forse, che in questi giorni si sta giocando sulla manovra quella partita tutta interna al partito che il Cavaliere ha stoppato sul nascere con l’investitura di Angelino Alfano. E questa è la ragione per cui chi avrebbe voluto avere voce in capitolo nella designazione del nuovo segretario del Pdl oggi non manca di marcare il territorio con dichiarazioni pubbliche e interviste sui giornali. Chi rilanciando l’aumento di un punto dell’Iva, chi insistendo sulla riforma delle pensioni, chi aprendo al dialogo con l’Udc anche in vista di quel che verrà di qui al 2013. Ci mancherebbe, c’è anche chi ne fa davvero una questione di merito, come per esempio Antonio Martino. Ma il punto resta un altro: il problema non è nel Pdl ma nella Lega. Visto che neanche troppo tra le righe è lo stesso Fabrizio Cicchitto ad ammettere nella lettera pubblicata ieri su Il Giornale che prima di varare la manovra «si è svolta una discussione all’interno della maggioranza» con alcuni «elementi netti di dissenso». Traduzione: sul mettere mano alla previdenza il Carroccio non ha voluto sentire ragioni nonostante il pressing non solo di Berlusconi ma anche di Alfano, di Renato Brunetta e dello stesso Cicchitto. Con Giulio Tremonti a giocare di sponda con il Senatùr, un po’ in chiave anti-Cavaliere, un po’ perché con Brunetta non si sono mai sopportati, un po’ perché Bossi resta ormai il suo solo «garante» politico. Non è un caso che i rumors che arrivano da Calalzo di Cadore - dove il ministro ha festeggiato il compleanno in compagnia del leader della Lega e di Roberto Calderoli - raccontino un Tremonti che avrebbe fatto forti pressioni su Bossi affinché non receda dalla sua linea intransigente sulle pensioni. Circostanza questa che pure crea qualche problema al Senatùr visto che gli amministratori locali del Carroccio - e pure Roberto Maroni - sono sul piede di guerra per i tagli a Regioni, Province e Comuni. Ci sta, quindi, che - informato dell’attivismo del ministro dell’Economia - Berlusconi non abbia nascosto il suo fortissimo disappunto. D’altra parte, il rapporto tra i due è ormai al minimo storico tanto che in questi giorni - nonostante la crisi, il dibattito in corso sulla manovra e persino l’occasione del compleanno - non ci sarebbe stato alcun contatto telefonico.
La partita, dunque, si giocherà tutta la prossima settimana. E il campo di battaglia sarà soprattutto il Federale in programma lunedì a via Bellerio. Sarà quella, infatti, l’occasione per capire se l’asse Bossi-Calderoli-Tremonti riuscirà a reggere alle pressioni della base del Carroccio e di Maroni. Perché se sulle pensioni la Lega non lascerà margini di manovra qualunque ritocco ci potrà essere al decreto sarà comunque in versione light. Berlusconi lo sa bene e - questo confida da qualche giorno nelle sue telefonate da Arcore - inizia a temere che di modifiche ce ne saranno poche.

L’alternativa, infatti, sarebbe andare allo scontro con la Lega e rischiare una crisi di governo che - dice un ministro - si risolverebbe con un governo Monti-Scilipoti. Quell’esecutivo di transizione che tanto piace agli avversari del Cavaliere.

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