Di spartire il bottino non ne voleva proprio sapere. Nemmeno quando lex socio in affari, il vecchio compagno di «batteria» Daniele Virgutto, 44 anni, passa nel suo ristorante a batter cassa, Fabio Crivellini, 41 anni, sborsa un solo centesimo. Denaro con il quale lex rapinatore di banca era riuscito ad aprire un elegante locale a Lavinio, il «Follia». Scatta a quel punto la vendetta a colpi calibro 12 prima, 9x21 dopo. Due attentati a distanza di cinque mesi: il primo fallito, il secondo in parte andato a segno. Tanto da spedire la vittima in fin di vita per settimane. Ma i carabinieri, 48 ore dopo, individuano e arrestano il killer, Nicolaev Vassilev Lubomire, un bulgaro definito dagli stessi inquirenti «freddo e spietato» nonostante abbia solo 23 anni. Ieri, nel carcere delle Vallette, a Torino, anche Virgutto è stato raggiunto da un ordine di custodia cautelare come esecutore e mandante del duplice tentato omicidio.
Una storia di mala romana che ricorda lomicidio di Massimo Pisnoli, suocero del calciatore Daniele De Rossi. E che inizia con una tentata rapina la sera del 26 ottobre 2008 nel ristorante pizzeria «Follia», sulla via Litoranea. Volto coperto da un passamontagna, un uomo armato con un fucile a canne mozze si presenta nel locale. È Virgutto. Crivellini lo affronta, il bandito esplode alcuni colpi che, fortunatamente, non vanno a segno. Nella fuga lascia a terra il fucile. I carabinieri pensano a un rapinatore solitario. Le indagini vanno avanti, soprattutto su quellarma dalla matricola abrasa di solito utilizzata per assaltare furgoni portavalori e istituti di credito. Il 3 gennaio al «Follia» entra un giovane a volto scoperto. Si presenta davanti al pizzaiolo e chiede: «Dovè Fabio?». Quando se lo ritrova davanti, dal giubbino estrae una pistola semiautomatica dello stesso calibro di quelle in dotazione a polizia e carabinieri. Unarma da guerra, micidiale: dei 6 colpi esplosi in rapida successione 5 passano da parte a parte Crivellini. Il 41enne viene trasportato agli Ospedali Riuniti di Anzio e da qui trasferito nel reparto rianimazione dell'Aurelia Hospital. Mentre lotta fra la vita e la morte gli inquirenti arrivano allo straniero. In casa, a Morlupo, trovano gli stessi abiti usati per lattentato. «Elementi lasciati sul posto - spiega il maggiore Emanuele Gaeta, comandante della compagnia di Anzio -, come un paio di occhiali, ci permettono di confrontare il Dna dello straniero e incriminarlo. I due, però, non si conoscevano tantomeno avevano alcun rapporto fra loro. Dovevamo scoprire chi era il mandante».
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