Gli Agnelli danno i 180 minuti alla Juve

Alessandro Parini

da Torino

Paradossi del calcio. Al termine di una delle settimane più buie della sua storia, la Juve potrebbe vincere il suo ventinovesimo scudetto. Perché ciò avvenga, bisogna che la truppa di Capello batta il Palermo oggi in uno stadio Delle Alpi esaurito e il Milan non vada oltre il pareggio a Parma. Può capitare, anche se più probabilmente la parola fine al campionato sarà scritta solo domenica prossima, quando la Signora affronterà la Reggina sul neutro di Bari e il Diavolo aspetterà la visita della Roma.
Paradossi, si diceva. Altri termini renderebbero probabilmente meno l'idea di quanto accaduto e di quanto sta ancora accadendo: l'eco delle intercettazioni telefoniche non si spegnerà tanto facilmente, nemmeno quando la giustizia sportiva emetterà il verdetto. Per prima cosa, sarà curioso verificare lo stato d'animo dei tifosi bianconeri: allo stadio (a proposito: si tratterà dell'ultima partita della Juve al Delle Alpi prima della ristrutturazione) saranno in oltre cinquantamila, invitati per una volta da prezzi davvero popolari più che dal desiderio di testimoniare solidarietà a Moggi & C. Nei giorni successivi al bailamme mediatico, infatti, gli stessi amanti della Signora non hanno risparmiato rimproveri e tirate d'orecchio a Big Luciano: oggi quegli stessi tifosi si limiteranno ad applaudire la squadra o faranno anche capire ai loro dirigenti quanto non ne possano più di un certo modo di fare e di intendere il calcio? La risposta la conosceremo nel primo pomeriggio, pur se con ogni probabilità in pochi si dimostreranno ostili alla dirigenza al punto da contestarla apertamente. Piuttosto, va registrato il parere di una fonte vicina alla famiglia Agnelli secondo cui «c'è un monitoraggio attento dell'evolversi della situazione. Dopo la fine del campionato, ci sarà tempo e modo per valutare attentamente il da farsi. Il rinnovo degli attuali assetti dirigenziali è condizionato dalla piena condivisione tra azionisti e manager dei contenuti del piano industriale e di sviluppo della società, ma non solo a questo». E ancora: «Nei mesi scorsi c'era stato un forte attestato di stima verso Giraudo, Moggi e Bettega con la presenza contemporanea, dopo un Cda Juve, nella sede della società di John Elkann, Andrea Agnelli, Gianluigi Gabetti e, ovviamente, Franzo Grande Stevens che della Juve è il presidente. Lo stesso messaggio di unità della famiglia e dell'azionista con i manager, però, dopo la diffusione delle intercettazioni telefoniche non c'è stato.

A difendere se stesso e la Juve davanti ai media c'era Giraudo, ma nessun altro rappresentante della proprietà».
Capello non ha di questi problemi: il silenzio stampa ha messo al riparo lui e i giocatori dall'obbligo di esprimere un parere circa quanto sta accadendo. Nessun colpo di scena all'orizzonte: almeno in campo.

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