Mondo

Ahmadinejad insiste: «Conto alla rovescia per la fine di Israele»

Ahmadinejad insiste: «Conto alla rovescia per la fine di Israele»

Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ne è certo, Israele è ormai alla fine e presto dovrà rassegnarsi a scomparire sotto i colpi di Hezbollah e dei palestinesi. La rinnovata profezia, figlia di quella del 26 ottobre 2005 che auspicava la cancellazione dalle carte geografiche dello Stato ebraico, arriva mentre il potere giudiziario annuncia le confessioni di due intellettuali iraniani, Haleh Esfandiari e Kian Tajbakhsh, con passaporto americano già arrestati e accusati di spionaggio a favore di Washington.
Il ritorno sulla scena di un presidente da qualche tempo insolitamente silenzioso, la ripresa della retorica anti-israeliana e il rilancio di quella che molti osservatori definiscono la «nuova guerra degli ostaggi» sembra preparare un nuovo duro confronto tra Iran e Occidente. Quel confronto potrebbe spaziare dalle questioni del nucleare e del conflitto iracheno fino agli agitati scenari libanesi, dove la scadenza del 12 giugno, fissata dal Consiglio di Sicurezza, aprirà la strada al tribunale internazionale incaricato di giudicare i responsabili dell'assassinio del primo ministro Rafik Hariri.
Il risveglio del presidente e la sfida del potere giudiziario fanno dunque presagire nuove imminenti tensioni. Il primo campanello d'allarme affidato alla voce di Ahmadinejad risuona durante le celebrazioni per la morte dell'imam Khomeini davanti a uno stuolo di dignitari africani e arabi. «In Libano le potenze arroganti e corrotte e il regime sionista hanno dispiegato tutti i loro mezzi durante l'ingiusta guerra dei 33 giorni, ma per la prima volta la grandezza d'Israele è venuta meno», spiega il presidente ricordando lo scontro con Hezbollah percepito dall'opinione pubblica araba come la prima grande battuta d'arresto della potenza militare d'Israele.
Quella guerra, per Ahmadinejad, ha aperto le porte della sconfitta dello Stato ebraico. «Il conto alla rovescia verso la fine è iniziato per mano dei figli di Hezbollah...In un futuro non lontano grazie la strenua resistenza di tutti i combattenti palestinesi e libanesi ci consentirà di assistere al definitivo collasso di quel regime».
A dettare i tempi dell'altro grande confronto, quello contro gli Stati Uniti, ci pensa il potere giudiziario annunciando le confessioni di due dei quattro intellettuali con passaporto iraniano e americano arrestati con l'accusa di far parte di un organizzazione sovversiva pagata da Washington. «Riguardo alle attività di spionaggio di alcuni iraniani stiamo ottenendo buoni risultati e ottenendo confessioni su diversi punti», rivela a un quotidiano il vice procuratore per le questioni della sicurezza Hassan Hadad.
Le autorità iraniane finora hanno ufficializzato soltanto la detenzione di Haleh Esfandiari e Kian Tajbakhsh, due intellettuali e accademici con doppio passaporto, accusati di aver partecipato ad un complotto organizzato dalla Cia per abbattere il regime. Ali Shakeri, un uomo d'affari con doppia cittadinanza è anche in carcere, ma la sua detenzione, già annunciata dalle autorità americana e da fonti giornalistiche iraniane, non è stata ufficializzata dal governo.
Parnaz Azima, giornalista con doppio passaporto di un'emittente in lingua farsi finanziata dagli Stati Uniti, deve rispondere degli stessi capi d'imputazione e, pur non essendo ancora dietro le sbarre, si trova intrappolata a Teheran dopo la confisca dei suoi documenti di viaggio. Il portavoce del potere giudiziario iraniano non fornisce dettagli sulle asserite confessioni di Esfendiari e Tajbakhsh, ma già l'accenno a un caso considerato da Washington un ricatto internazionale basta a innalzare la tensione.
L'incriminazione dei quattro, di cui Teheran non riconosce la doppia cittadinanza, punta, secondo molti osservatori, ad aprire la trattativa sulla sorte dei quattro funzionari del consolato iraniano di Kirkuk, detenuti dalle Usa in Irak, e che erano stati catturati in gennaio con l’accusa di aver gestito finanziamenti e armamenti destinati agli insorti iracheni.

Nel "pacchetto" di prigionieri da scambiare a disposizione di Teheran rientrerebbe anche l'ex agente dell'Fbi Robert Levinson, scomparso a febbraio durante un soggiorno sull'isola iraniana di Kish.

Commenti