Il prezzo del petrolio vola, ma non soddisfa Mahmud Ahmadinejad. Lui lo vorrebbe ancora più alto e, magari, in euro. Linappagabile presidente iraniano è pronto a lanciare una vera guerra del greggio. Una guerra per tarpar le ali a quanti allinterno dellOpec stanno valutando le richieste di aumentare le quote produttive e ridimensionare le quotazioni schizzate oltre la soglia dei 115 dollari al barile. La bellicosa presa di posizione del presidente iraniano prende corpo durante la visita ad un'esposizione sull'industria petrolchimica a Teheran. «Il prezzo del petrolio, a 115 dollari al barile, è troppo basso e deve trovare il suo giusto valore» enuncia Ahmadinejad spiegando che quella quotazione è «ingannevole» a causa della pesante svalutazione della valuta statunitense. Lannotazione gli consente di trasferire a livello internazionale la battaglia per labbandono delle transazioni in dollari avviata sul mercato interno.
La boutade - tuttaltro che ingenua - punta a instillare la tentazione di richiedere pagamenti in euro innescando una rivoluzione potenzialmente devastante per la valuta verde. Il dollaro a dar retta ad Ahmadinejad «non è più una moneta di scambio» a causa della svalutazione. «Stampano banconote che non hanno alcun reale valore e le distribuiscono nel mondo, per questo un prezzo di 115 dollari al barile è ingannevole, il greggio deve trovare il suo giusto valore». Il «giusto valore» sostenuto da Ahmadinejad è ancora più in alto delle quotazioni attuali. A dar retta a lui il petrolio, nonostante lo smisurato moltiplicarsi della richiesta, verrebbe scambiato a quotazioni analoghe a due decenni fa.
«Mentre il prezzo delle altre risorse è salito sostiene Ahmadinejad - il valore economico reale del prezzo del petrolio è rimasto ancora agli anni Ottanta». Alla base dellasserita sottovalutazione vi sarebbero gli interessi di quanti in Occidente fanno affari con il greggio arricchendosi alle spalle delle nazioni che ne possiedono i giacimenti. «I governi e le compagnie occidentali fanno più soldi dei Paesi produttori... nella loro ottica il petrolio appartiene a loro e i Paesi produttori si devono limitare a conservarlo, pretendono di averlo a prezzi bassi, ma quando lo forniscono alle loro popolazioni fanno più soldi di chi lo produce, questo spirito di arroganza ed egoismo - conclude il Presidente deve presto finire».
In verità la nuova guerra del petrolio di Ahmadinejad punta, prima di tutto, a tamponare la difficile situazione economica iraniana.
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