Al terzo posto del podio dei peggiori questa settimana troviamo un terzetto tutto particolare. Sindacato di base, Francesca Albanese e Greta Thumberg: tutti insieme appassionatamente in piazza contro la manovra economica. Un tempo il sindacato manifestava per i diritti dei lavoratori. Ora fa un pastone unico tra finanziaria, riarmo e guerra e si affida a due icone della protesta pro Pal. Con loro pure la Flotilla e i portuali. Chi più ne ha, più ne metta! Addirittura due date: a Genova il 28 novembre e a Roma il 29 novembre. Preparatevi perché di scioperi, da qui a fine anno, ne vedremo diversi. Maurizio Landini ne ha già indetto un altro: il 12 dicembre (ovviamente un venerdì ma non serve dirvelo). Sfuggono, ancora una volta, i propositi e gli obiettivi di queste mobilitazioni se non che si voglia fomentare la piazza contro il governo. E sfugge anche perché un’attivista svedese debba protestare contro la finanziaria di un altro Paese.
Sul secondo gradino c'è la sinistra nostrana che incorona Zohran Mamdani come nuovo papa straniero. O meglio: come nuovo imam straniero. Mamdani è, infatti, il primo sindaco socialista (che negli Stati Uniti significa comunista) di New York. Ma è anche, e soprattutto, il primo sindaco musulmano. Ha vinto con un programma ultra progressista e i nostri "eroi" del campo largo fanno festa: "Quando la classe lavoratrice vince, ovunque diventiamo più forti" (Ilaria Salis); "L'anti Trump per eccellenza, la speranza per un'America democratica" (Sandro Ruotolo); "Saranno le seconde e terze generazioni degli immigrati l'antidoto che ridimensionerà per quello che sono, cioè vecchi, i nazionalisti forsennati" (Gad Lerner). Dinnanzi a tanto, immotivato trionfalismo è doveroso fare un paio di appunti. Il primo: Mamdani ha vinto sì, ma ha portato a casa meno voti rispetto a Kamala Harris che a New York l'anno scorso aveva incassato almeno il 20% in più. Il secondo: la narrazione della "classe lavoratrice vincente" non regge. Mamdani è sì un immigrato, ma non come quelli che entrano clandestinamente in Italia. Il padre? Insegnante universitario. La madre? Regista famosa. La verità? L'ennesimo radical chic che vuole smontare l’Occidente.
Per il Partito democratico il neo sindaco di New York è un "modello" da esportare. Tanto che Elly Schlein sogna già la tassa Mamdani: "Siamo a favore di una tassazione sulle persone che hanno milioni a disposizione, sui miliardari". Sempre la stessa cara, vecchia patrimoniale. Qui teorizzata in grande. Non potendola mettere agli italiani, la segretaria dem ne vuole una a livello europeo. E per questo motivo si becca il primo posto del podio dei peggiori di questa settimana. Fa sorride che a sinistra tornino a parlare di patrimoniale proprio mentre il governo lavora, ormai da diverse finanziarie, per limare la pressione fiscale. Come fanno sorridere le critiche al taglio dell’Irpef. I dem, ma non solo, accusano l'esecutivo di avvantaggiare solo i ricchi aumentando "le disuguaglianze e ignorando il Paese reale". Anche in questo caso sono doverosi un paio di appunti. Intanto la sforbiciata previsto dalla finanziaria in discussione arriva dopo tre anni di misure a sostegno dei redditi più bassi. In secondo luogo definire ricchi chi ha un reddito tra i 28 a i 50mila euro, significa distorcere la realtà. E la realtà è che la manovra va ad alleggerire il peso fiscale sul ceto medio.